Politica

Sangiuliano spiega perché essere anticomunista risponde a "principi europei"

Di Giuseppe Vatinno

Quando Togliatti definì Benedetto Croce “merce avariata” e i giornalisti occidentali "scimmie urlatrici". Pasolini fu cacciato dal PCI

Sangiuliano spiega perché essere anticomunista risponde a “principi europei”

Tutto nasce da un siparietto di qualche settimana fa in cui il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano fu circondato da un gruppetto di intervistatori piuttosto esagitato che lo circondò e gli chiese a bruciapelo: “lei è antifascista?”.

Il ministro, dimostrando una mirabile velocità d’esecuzione, gli aveva strappato il microfono di mano e gli aveva a sua volta chiesto: “e lei è anticomunista?”. Stessa domanda l’ha ripetuta agli altri. Risultato? Scene di panico, farfugliamenti, svenimenti, ipocondrie, sudori, mollezze muscolari con il ministro che restituiva il microfono, da strumento di oppressione a strumento di rivalsa, e se ne andava soddisfatto.

E così due giorni fa Sangiuliano ha fatto un lungo intervento su la Stampa, non certo un giornale amico, dal titolo “Perché sono anticomunista. Il Parlamento Ue ha condannato tutti i totalitarismi del secolo scorso eppure una certa parte della sinistra fa fatica a criticare il passato”.

Lo riassume mirabilmente Adriana De Conto sul Secolo d’Italia. ‘L’incipit del suo intervento è dedicato Albert Camus, che nel suo saggio L’homme révolté (L’uomo in rivolta) “mette sotto accusa il comunismo e il suo tradimento morale. Lo scrittore francese, nato in Algeria, che pure era stato iscritto al Partito comunista, articolerà una serrata critica, filosofica e storica, al comunismo”’.

L’analisi di Sangiuliano è precisa e diretta e va al centro del problema che poi da noi è epifanizzato dalla doppiezza togliattiana che ha ingannato le masse ingraiane illudendole. Camus è il prototipo dell’intellettuale di sinistra tradito nei suoi ideali e che diventa critico contro la sua stessa parte politica e ne subisce l’ostracismo.

Pasolini fu cacciato dal PCI

In Italia successe allo scrittore, regista, giornalista e poeta Pierpaolo Pasolini (a proposito, il ministro ha annunciato un evento per il prossimo anno) che fu espulso dal PCI per le sue posizioni spesso non allineate, ad esempio sull’aborto e sugli scontri di Valle Giulia, in cui si schierò con i poliziotti contro gli studenti “figli di papà”, oggi diremo “radical – chic”.

Ma il punto, come riporta l’ottimo articolo della De Conto è il voto del Parlamento Europeo: ‘Il ministro cita un passaggio risalente al 19 settembre del 2019. Quando il Parlamento europeo ha approvato con 535 voti a favore una risoluzione nella quale si enuncia una netta condanna tanto del nazismo quanto del comunismo. “Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia hanno votato il documento – ricorda il ministro-  esprimendosi dunque contro il nazifascismo; il Pd si è spaccato: la maggioranza ha votato a favore, una parte si è dissociata. Renew, il gruppo che si richiama al presidente Macron, ha votato a favore”’.

Come al solito due pesi e due misure con un Pd ancora reprobo e non completamente democratizzato, a dispetto del nome che porta.

Quando Togliatti definì Benedetto Croce “merce avariata” e i giornalisti occidentali “scimmie urlatrici”

Il ministro cita anche il caso di un grande intellettuale, Benedetto Croce, che sperimentò sulle sue spalle la violenza togliattiana: “Benedetto Croce, promotore ed estensore del Manifesto degli intellettuali antifascisti, si dichiarò con grande limpidezza tanto antifascista quanto anticomunista. E per questo il filosofo fu apertamente minacciato da Togliatti, quando scrisse su Rinascita «non lasceremo andare in giro merci avariate”.

“Merce avariata” così il Migliore chiamava chi, pur da sinistra, si permetteva di essere critico sul comunismo e di gridare che “Il Re è nudo!”.

Sembra di vederli quegli operai dell’Emilia rossa che negli anni ’50 venivano portati in “gita premio” a Togliattigrad (prima Stavropol'-na-Volge) in Unione Sovietica e ne tornavano delusi e smarriti.

Prosegue il ministro: “Da segnalare, ancora, come l’invasione dell’Ungheria del ’56 – «l’indimenticabile 1956», come lo chiama Pietro Ingrao- , “la questione comunista esplode fra tanti intellettuali europei, soprattutto in Francia: Camus, Sartre, J. M. Domenach, Edgar Morin, Marguerite Duras”. Da noi Italia Italo Calvino, Renzo De Felice e Antonio Giolitti abbandonarono il Pci. “Togliatti definì «scimmie urlatrici» i giornalisti occidentali che raccontano la repressione nell’Est; e pochi anni prima aveva definito il romanzo di George Orwell 1984 «una buffonata»”’.

Una lettura lucida e chiara in un articolo, anzi piuttosto un saggio, in cui si gusta la prosa elegante del giornalista - intellettuale che ha condotto da direttore un Tg2 che sotto la sua guida divenne il prodotto di punta della Rai.

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