Politica

Tommaso Cerno parla di Berlusconi ma non si capisce quello che dice

Di Giuseppe Vatinno

Il mistero della “Collina” di De André

Si tratta dell’arcano del perché l’Identità ha delle copertine pataccate che sembrano il vestito di Arlecchino. Sono un lascito –dice Cerno- del consiglio di Berlusconi. “Quadricromia”, roba da fare invidia a Elly Schlein e alla sua armocromista.

È evidente che il ricordo cromatico lo ha ringalluzzito. Si vede che Berlusconi l’ha conquistato facilmente e ci fa sapere che le parole del Cavaliere furono da lui apprezzate perché “ci aveva riconosciuto un ruolo che la sinistra non ci aveva sempre riconosciuto”.

E qui forse si spiega perché Cerno abbia cambiato più volte casacca da senatore e da giornalista, oscillando in continuazione tra sinistra e destra –suo marito è di Fratelli d’Italia- visto che ora l’Identità porta l’impegnativa dizione “quotidiano conservatore”, buffo per un ex direttore de l’Espresso, icona della sinistra.

Ne ho parlato qui Ma gustiamoci ancora Cerno. Ce lo meritiamo in questa pre - estate pazza in cui piove sempre e non c’è “mai ‘na gioia”. Dunque lo avevamo lasciato ai colori. Ora ritorna al passato che non passa. Gli riprende brutto su De André e le la “collina”, si incaponisce e fa il bis di Tagadà. Anche questa volta la giornalista in studio fa finta di capire tuttavia la sua espressione è evidentemente perplessa e preoccupata. “Cosa sta dicendo questo uomo?”, avrà pensato.

Poi il finale che fa trasalire le Covid-star: Cerno vuole occuparsi anche di vaccini e antidoti? “Quindi –anche precauzionalmente- dopo trent’anni visto che non è andato a segno (l’antiberlusconismo: ndr) sarebbe meglio cambiare antidoto “.

Il collegamento pietosamente si chiude. Cosa resta del Cerno – pensiero? Metafore ardite, nessi inesistenti che sono solo nella sua mente, insalata di parole, minestrone di concetti. Il povero telespettatore che lo ha ascoltato ieri ne è uscito non capendo cosa volesse dire e alla fine dei suoi interventi è stato posseduto dal demone della confusione. Un esempio di come non dovrebbe essere il giornalismo.