Politica

Zuppi ora va pure in Cina. Il lungo "filo giallo" della diplomazia vaticana e il comunismo

Di Giuseppe Vatinno

Cina, Vaticano e il nodo delle nomine dei vescovi

Zuppi ora va pure in Cina Il lungo “filo giallo” della diplomazia vaticana e il comunismo

Attivissimo il cardinal Matteo Zuppi, presidente della CEI (Comunità Episcopale Italiana) e vero braccio destro di Papa Francesco per quanto riguarda la diplomazia internazionale. Dopo Kiev, Mosca e Washington ora sarà infatti la volta di Pechino. I rapporti tra Cina e Vaticano si sono formalmente interrotti nel 1951, quando l’ultimo nunzio fu cacciato dai comunisti di Mao che avevano preso il potere nel 1949. Da allora c’è stata solo una diplomazia parallela, non formale, costruita sui fatti più che sulle regole.

Il viaggio in Cina era nell’aria ma solo ora dal Vaticano filtra la possibilità concreta che si deve realizzare in obiettivi e soprattutto in date precise. “Ufficialmente” la missione diplomatica punta allo scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina. A tal fine si sono già sondate Mosca e Kiev. Il Vaticano sa però che non sarà una passeggiata e cerca di coinvolgere le superpotenze come Usa e Cina per garantirsi la massima copertura possibile.

La presenza di ordigni termonucleari in Bielorussia è una minaccia concreta per il mondo intero, che invoca un’azione rapida e decisa. Ma La Cina, al di là del contingente dell’attuale guerra, è una partita a cui il Vaticano tiene molto da anni. Infatti c’è irrisolto il problema della comunità cattolica cinese che dall’instaurazione del comunismo è stata vessata.

Il problema concreto che interessa l’Oltretevere - forse più della guerra - è quello delle nomine vescovili che attualmente fa Pechino e a Roma non resta che adattarsi. Il cardinal Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, ha spesso accusato Papa Francesco di svendere la comunità cattolica cinese al potere comunista. Ne avevamo parlato addirittura anni fa.