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Inginocchiarsi agli europei? Il razzismo è una cosa seria, non da radical chic

L’opinione di Vincenzo Caccioppoli

Diversamente da quanto molti stanno affermando nelle ultime ore, il gesto non nasce con le proteste dello scorso maggio, dopo il tragico fatto di sangue, quando ha però iniziato a diffondersi in maniera massiccia tra gli sportivi di tutto il mondo. Il primo a compierlo fu, infatti, la star del football americano Colin Kaepernick che nella stagione 2015-16 del campionato della National football league iniziò a mettersi in ginocchio durante l'esecuzione dell'inno americano, momento in cui tradizionalmente i giocatori ascoltano stando in piedi. Interrogato dai giornalisti, in merito, Kaepernic disse di non aver intenzione di onorare un paese in cui la minoranza afroamericana continuava ad essere oppressa e vessata.

Molte star dello sport e dello spettacolo americano cominciarono a dare risalto e ad emulare il gesto, che ebbe anche un siparietto nel nostro parlamento, quando la Boldrini insieme ad altri parlamentari si inginocchiò in aula per commemorare appunto l’uccisione dell’afroamericano a Minneapolis, ad opera dell’agente di polizia Dereck Chauvin, condannato due giorni fa a 22 anni di prigione dal tribunale.

Insomma un gesto nato come forma di protesta spontanea da parte di una star dello sport americana è stata subito oggetto di strumentalizzazione da parte di politici, esponenti dello spettacolo e sportivi di tutto il mondo che ne hanno fatto un uso esagerato e spesso fuori luogo.

Negli Usa la protesta Black lives matter nata spontaneamente sull’onda emotiva della uccisione dell’uomo, che per alcuni minuti ha implorato il poliziotto di lasciarlo perché non riusciva a respirare, è inevitabilmente sfociata in rabbia e tumulti che hanno svilito e compromesso lo sforzo di quanti volevano testimoniare il loro sdegno.

Non è un caso se a Novembre Trump ha visto aumentare grandemente proprio la percentuale di afroamericani che hanno votato per lui. Perché le dure proteste, che chiedevano tra le altre cose meno fondi alla polizia, hanno determinato un aumento di criminalità proprio nei quartieri afroamericani, che sono stati praticamente abbandonati dalla polizia (a causa delle violentissime proteste generate e della ostilità nei loro confronti creata ad arte) e lasciati praticamente nelle mani di vere e proprie gang, che hanno potuto scorrazzare liberamente e determinare un aumento considerevole di omicidi e crimini, soprattutto nelle grandi metropoli americane.

Senza contare che a New York, città notoriamente a grande maggioranza democratica, alle primarie per il sindaco della città, sarebbe largamente in vantaggio (i risultati ufficiali si sapranno ad inizio luglio) un ex poliziotto afroamericano, Eric Adams, presidente del distretto di Brooklyn, che ha conquistato la maggioranza di tutti i distretti tranne quello di Manhattan.

Adams è sicuramente il candidato più moderato e probabilmente diventerà il prossimo sindaco, di una città che ha visto negli ultimi mesi un aumento importante, soprattutto in alcuni quartieri, di omicidi ed episodi criminali. Questo per dire che forse in America, dove tutto è nato e dove effettivamente il problema razziale è sicuramente di maggiore portata e diffusione che da noi, la protesta ha lasciato spazio alla riflessione e alla discussione sui contenuti più che sulla simbologia, cosa che invece sembra essere oggetto della polemica nata qui da noi.

L’appello di Enrico Letta ai calciatori di inginocchiarsi tutti, oltre che inopportuna e scomposta, appara anche fuori luogo e mostra forse ancora una volta di più, la confusione che sembra regnare nella mente del neosegretario del partito, che pare aver perso tutto il senso della misura e della moderazione che fin qui aveva contraddistinto la sua parabola politica. Non è utile né al paese né tantomeno al partito, solo per contrastare un avversario politico (anche se in questo caso occasionale alleato di governo) come Matteo Salvini, usare argomenti ed istanze, magari anche importanti, in maniera scomposta e fuori luogo, soprattutto per provocare una sua reazione o magari solo per mostrare un segno distintivo dalla sua politica.

È inutile girarci intorno ogni gesto, tanto per cominciare, deve essere fatto su base volontaria e non imposto dall’alto, soprattutto se si tratta di un esponente di spicco della politica. E poi quando spesso si vuole usare un personaggio famoso (che ora si è soliti definire influencer) a fini politici, spesso la cosa si ritorce contro, perché mostra una debolezza di fondo nella capacità di veicolare con le proprie forze un messaggio politico.

E questo ancora una volta è dimostrabile guardando quello accaduto proprio in America, dove i casi delle star multimilionarie dello sport e di Hollywood che hanno abbracciato queste forme di proteste in nome del popolo, poi spesso hanno ottenuto un risultato opposto, generando una situazione paradossale in cui il gesto in sè è diventato sostanza, mentre la situazione di degrado di ampi strati della popolazione afroamericana è, se possibile, peggiorata, proprio a causa delle conseguenze delle dure proteste del black lives matter, che some spesso accade, sono state utilizzate strumentalmente da criminali e balordi per le loro criminose finalità.

È un po' la solita storia del radical chic, molto bravo ad impugnare a parole buone cause, salvo poi non essere in grado a metterle in opera con le proprie azione e la propria condotta. Indicativo a questo proposito fu la sfuriata di qualche mese fa, di Nicola Zingaretti, con cui si scagliò violentemente contro un editoriale critico nei suoi confronti da parte della giornalista Concita De Gregorio su Repubblica, e che fu il preludio alle sue polemiche dimissioni da segretario del Pd.

Il razzismo è una cosa seria e proprio perché è una cosa seria non può ridursi a diventare una polemica da osteria su quello che devono o non devono fare dei giocatori, strapagati per dare un calcio ad un pallone o delle star dello spettacolo. Come non legare a questo fatto le recenti polemiche sul ddl Zan da parte di Fedez diventato ormai una sorta di icona della sinistra, che sta però dimostrando con i suoi interventi seguitissimi sui social, tutta la debolezza e l’inefficacia di chi come partito o movimento politico proprio a questo dovrebbe la sua stessa ragione d’essere.