Sport

Politica sportiva: un intreccio tra grandi vittorie e conflitti di governance

Di Lorenzo Zacchetti

Gianni Petrucci critica le scelte di Sport e Salute, paventando una rottura da parte del basket. Ecco da dove nascono gli scontri sulla gestione dello sport

Petrucci attacca Sport e Salute: "Cambi filosofia o il basket andrà per conto suo"


Il 2021 che si sta per chiudere verrà ricordato come l'anno di grazia dello sport italiano, ma la sua governance continua a far discutere. La politica sportiva non è meno intricata di quella parlamentare, quantomeno in termini di complessità e polemiche gestionali. Lo si capisce bene anche dall'intervista nella quale Gianni Petrucci, presidente della Federazione Basket, polemizza con la società governativa Sport e Salute: “Se intende andare avanti con la propria filosofia, noi andremo avanti con la nostra, prendendo un'altra direzione”, ha detto al Messaggero. 

Il nodo dei contributi pubblici

Il principale nodo del contendere è la distribuzione dei contributi pubblici alle singole federazioni, che nei giorni prima di Natale ha acceso la protesta di alcune discipline (oltre al basket, anche nuoto, sport invernali e bocce), secondo le quali Sport e Salute avrebbe utilizzato criteri discutibili in tale ripartizione. Ovviamente, la SpA guidata dal d.g. Diego Nepi ha respinto seccamente queste critiche, affermando di avere “sempre adottato criteri oggettivi e non discrezionali nella distribuzione dei contributi agli Organismi Sportivi. Bisogna conoscere lo sport in tutti i suoi aspetti, promozione e alto livello, avere competenze e capacità per distribuire nell'arco di tre anni oltre due miliardi di risorse pubbliche a favore di Organismi sportivi, persone fisiche (collaboratori sportivi), SSD e ASD, contribuendo ad alleviare l'impatto di un evento straordinario come la pandemia”.

Giorgetti, Malagò e la riforma dello sport

Per capire meglio la complessità del problema bisogna fare un passo indietro. Fondata nel 1993, Sport e Salute ha avuto un netto cambio di passo nel 2019, quando Giancarlo Giorgetti – allora sottosegretario con delega allo Sport – redistribuì i compiti, assegnandole alcune funzioni in precedenza in capo al Coni. La scelta non fece affatto contento Giovanni Malagò, che si rivolse al Comitato Olimpico Internazionale per segnalare un'ingerenza dello Stato nell'autonomia dello sport, prevista dalla carta olimpica: Sport e Salute è infatti partecipata al 100% dal Mef. L'Italia rischiò persino una sanzione pesantissima: partecipare alle Olimpiadi di Tokyo senza la bandiera tricolore. Invece, per fortuna, la bandiera c'è stata e ha sventolato parecchio, anche grazie a una riforma dello sport che ha visto la correzione in corsa di alcune storture (come ad esempio l'esclusione delle atlete donne dal professionismo, giustamente rimossa). 

La mediazione decisiva di Gianni Letta

Altri problemi sono invece rimasti sul campo, come il trasferimento a Sport e Salute della pianta organica del Coni, questione che ha provocato alcuni imbarazzi operativi. Il nodo si è sciolto alla vigilia di Natale, grazie all'emendamento alle legge al bilancio che ha riportato sotto il cappello del Coni una squadra di 165 persone. “Competenze di una vita, delle quale il Coni non voleva privarsi”, ha detto Malagò plaudendo al trionfo del buonsenso. L'operazione è stata possibile grazie all'intervento di Gianni Letta, da sempre estimatore del numero 1 del Coni, che ha aperto un construttivo dialogo con Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione. Anche Gianni Petrucci è notoriamente vicino a Malagò, col quale peraltro divide un lungo e solido background di conoscenza del mondo dello sport. Per questo le sue parole sono importanti per capire come il panorama sia certamente più sereno, ma non per questo privo di nubi. 

Petrucci: basket pronto allo “strappo”

Il Presidente della Federbasket nega di essere invidioso di altre federazioni che hanno avuto maggiori contributi: “Ma per carità. La questione è più seria. Ci sono diverse cose che non condivido di Sport e salute. La distribuzione dei contributi è solo uno dei punti, ma è intollerabile quando affermano che i criteri adottati sono obiettivi. È un mistero”. L'ex Presidente del Coni, nonché commissario straordinario della Federcalcio, non nega che allo sport italiano siano arrivati più soldi, però si chiede: “A chi? E con quali criteri? Per esempio, hanno calcolato la differenza di tassazione che c'è tra sport professionistici e dilettantistici? Eppure, nei decreti che il governo ha varato per i rimborsi alle società, il calcolo ha premiato di più quelli maggiormente penalizzati, che hanno dovuto sostenere spese esorbitanti. Questo vuol dire che lo Stato conosce la differenza, ma Sport e Salute no. Ma in generale, io contesto la diversa filosofia di gestione, anche nelle iniziative che sono state prese e che nulla hanno a che fare con lo sport di base. In definitiva, se Sport e Salute vuole che il basket collabori, dovrà cambiare completamente filosofia”. 

“La pallacanestro può essere autonoma”

Petrucci auspica in un intervento risolutore del sottosegretario Valentina Vezzali, riservando parole al miele anche per Diego Nepi (“una risorsa importante”), per il capo del dipartimento Sport Michele Sciscioli (“è sempre disponibile con il basket”) e ovviamente anche per Malagò (“è bravo ed è un gran lavoratore, gli do un voto alto”). Tuttavia, questo non rende il tema meno spinoso: ricordando che il basket prima della pandemia produceva autonomamente l'80-85% delle proprie risorse e quindi “se vuole può essere autosufficiente”, Petrucci afferma appunto che se Sport e Salute proseguirà sulla propria strada, la Federbasket intraprenderà la propria. E sull'ipotesi che la pallacanestro possa fare a meno del contributo dello Stato non lascia spazio a interpretazioni: “I nostri legali sono al lavoro”.