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Finanza

I costi vengono abitualmente sottostimati dagli investitori, che li conoscono solo superficialmente e spesso non ne comprendono né il significato né le modalità di calcolo. Le principali voci di costo sono fondamentalmente tre:

• le commissioni di sottoscrizione
• le spese correnti annue (che rappresentano la somma dei costi di gestione e delle varie spese amministrative)
• le commissioni di performance (o di incentivo)

La normativa italiana prevede che nella definizione delle commissioni di incentivo:

• Sempre un parametro di riferimento
• Prelievo su base annuale
• Se il regolamento del fondo non prevede un parametro di riferimento, la commissione di performance può essere calcolata solo se il valore della quota è superiore a quello più elevato mai raggiunto in precedenza (High Watermark Assoluto)
• È fissato un limite percentuale che non può essere superato (fee cap)

L’ufficio studi MoneyFarm ha analizzato i dati delle prime 10 realtà per masse gestite sui Fondi Aperti (secondo i dati Assogestioni) per spiegare cosa siano e come impattino sul cliente le commissioni di performance (giugno 2016).

Queste ultime rappresentano uno dei costi maggiormente variabili, occulti e quindi potenzialmente più lesivi per i rendimenti dei risparmiatori. Infatti le commissioni di performance sono commissioni prelevate dalle società di gestione in base ai risultati conseguiti dal fondo.

La percentuale trattenuta sull’over-performance può essere commisurata all’incremento del valore della quota rispetto ad un valore precedente della quota stessa, oppure rispetto ad un parametro di riferimento (Benchmark). Le commissioni di performance, per come sono applicate e calcolate, possono dar luogo a comportamenti opportunistici che vanno a danno della clientela.

“In particolare dobbiamo evidenziare il conflitto d’interesse che esiste sia per il collocatore (banca/promotore) che per il gestore” afferma MoneyFarm nel suo documento. “Il promotore (o la Banca) potrebbe essere incentivato a consigliare fondi che prevedono commissioni di performance (spesso più remunerativi per l’intermediario), ovviamente a svantaggio dell’investitore; il gestore potrebbe invece essere incentivato a ricercare rendimenti più elevati a scapito di un’ottimale gestione del rischio, andando anche in questo caso a potenziale danno del cliente.

A nostro parere, la remunerazione delle SGR e degli intermediari finanziari in genere è già più che adeguata con gli introiti derivanti dai costi di gestione (mediamente 6 volte superiori rispetto a quelli di un ETF). Non è pertanto giustificabile sovraccaricare di costi l’investitore, a maggior ragione se sono poco chiari e poco equi. Per tutti questi motivi MoneyFarm ha deciso di non applicare alcuna commissione di performance ai propri investitori”.

Ringraziamo MoneyFarm per i dati forniti. Maggiori informazioni al link

 

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