Ruolo della presenza femminile in fusioni e acquisizioni
La presenza femminile nei board aziendali riduce la probabilità di fusioni e acquisizioni?
Così sembrerebbe, secondo i risultati proposti da una ricerca pubblicata da Guoli Chen della INSEAD Business School e da Sterling Huang della Singapore Management University, apparsa su Strategic Management Journal. Dato che la percentuale di presenza femminile nei consigli di amministrazione di grandi aziende americane è passata dal 15% nel 2005 al 20% nel 2015, la questione può avere una sua importanza.
Craig Crossland, ricercatore dell’Università Notre Dame (Indiana) e professore presso il Mendoza College of Business, ha deciso di esaminare i dati con i suoi colleghi. Le considerazioni valide per Singapore sono estendibili anche ad altre realtà economico-finanziarie nel mondo?
Dopo aver studiato quasi 3.000 acquisizioni tra il 1998 e il 2010 negli USA, il team ha trovato effettivamente che maggiore è la percentuale di donne nel board di una società statunitense, minore è il numero di acquisizioni che si verificano.
"Abbiamo scoperto che questo effetto era riscontrabile anche se una sola donna era presente nel board", ha detto Crossland. "Un cambiamento nella percentuale di presenza femminile nel board, da piccoli numeri a livelli più alti è correlato ad una riduzione del 18% in tendenza all’acquisizione, una diminuzione del 12% in termini di dimensioni di acquisizione e una riduzione di 97,2 milioni di dollari spesi in un anno per fusioni e acquisizioni”.
Crossland e i suoi colleghi ipotizzano che l'aumento della percentuale di donne nel board ne modifichi le dinamiche di interazione fra i consiglieri.
"Gruppi composti da distinte categorie di persone operano in modo diverso rispetto ai gruppi in cui tutti condividono caratteristiche simili" ha detto Crossland. "Gruppi contraddistinti da caratteristiche differenti tendono a impegnarsi in discussioni più approfondite, con la possibilità di avviare un dibattito più produttivo e maggiori probabilità di identificare i problemi relativi all’argomento discusso. Fusioni e acquisizioni possono essere molto utili per le imprese, ma spesso possono anche distruggere valore. Pensiamo che le riunioni con più alta presenza femminile portino a meglio identificare queste sfaccettature, aumentando la probabilità di rinviare una decisione o di accantonarla del tutto."
Crossland tiene comunque a sottolineare che i ricercatori non hanno invece trovato sostanziali differenze nei comportamenti dei rappresentanti maschili e femminili dei board, in relazione ad altri tipi di decisione come ad esempio l'assunzione di rischi o apertura a nuove esperienze. "La ricerca su questi aspetti è piuttosto scarsa, ma pensiamo che non ci sia motivo di supporre che la natura delle interazioni sia diversa" ha detto.
Del resto la Luiss Business School ci ricorda che se analizziamo i principali studi effettuati da Istituti di ricerca e società di consulenza emerge come la maggior parte degli HR manager e professional siano convinti che rispettare una diversità di genere nei board porti un gran numero di benefici all’impresa.
Uno studio recente svolto all’Università di St. Gallen su un vasto campione di banche in un arco temporale di 15 anni ha dimostrato che una relazione positiva tra gender diversity e performance esiste ed è anche molto forte. Ad un aumento del 10% di donne in ruoli di vertice corrisponde un aumento del ROE maggiore del 3% all’anno, e questo impatto raddoppia negli anni di forte crisi, a dimostrare che il contributo delle donne alla performance dell’impresa sembra essere di particolare valore nei periodi di crisi (fonte: Reinert 2015).
Inoltre, secondo lo studio di una società di consulenza internazionale esperta di soluzioni di talent measurement, la differenza nel potenziale di leadership tra donne e uomini sarebbe inferiore all’1% (in favore delle donne…). Questo significa che il bacino di potenziale di leadership è tanto presente fra le donne quanto fra gli uomini. Nonostante ciò, però, più del 60% dei ruoli di leadership sono occupati da uomini (fonte: CIPD Report 2015)
Paolo Brambilla