Café Philo
"Mai come oggi l'Ue ha senso". Giulio Giorello ad Affaritaliani.it
Protagonista del Festival di Capri dedicato al Futuro (20-27 luglio) ideato da Massimiliano Finazzer Flory, il filosofo della scienza Giulio Giorello commenta con Affaritaliani.it in anteprima la crisi greca, la minaccia dell'Isis e lo status della scienza nell'Italia in cui la ricerca sembra avere sempre meno fondi a disposizione. Secondo il filosofo mai come adesso ha senso parlare di Europa. Bacchetta duramente gli ultimi governi greci ed elogia "i Paesi che sono entrati nella comunità europea dopo pesanti esperienze totalitarie". L'Italia sarà la prossima? "Sì se non buttiamo a mare questi politicanti di bassissima lega". Altro che i migranti, secondo Giorello sono i politici il vero cancro dell'Europa. Poi spiega la complessità del fenomeno Isis e sulla scienza afferma: "E' un'oasi rispetto al mondo governato dal ricatto economico".
Nel suo intervento a Capri si parlerà di libertà. Che cosa significa oggi essere liberi?
Concepisco la libertà come resistenza a qualsiasi vincolo percepito come ingiusto. Secoli fa il principale problema era quello di guardarsi dall'autorità mondana o spirituale che troppo si prendeva cura del nostro corpo o del nostro spirito. Oggi la rete dei vincoli è più sottile: basti pensare alla tirannide del conformismo esercitato dalla onnipresente pubblica opinione, che può servirsi anche di nuove tecnologie come la televisione o la rete. Per non dire di quel vero flagello che è la burocrazia: dal fisco alla scuola di ogni ordine e grado. Purtroppo, la cappa burocratica è diventata sempre più oppressiva anche per l'Università. E il burocrate – soprattutto italico – è al tempo stesso incompetente e invadente.
Che cosa ne pensa della crisi greca; ha ancora senso pensare e parlare di Europa?
Oggi più che mai. Mentre i governanti greci (e non parlo solo dell'ultimo governo) hanno dato prova di grande irresponsabilità e di ben poca sensibilità per le migliori tradizioni europee, bisogna a mio avviso guardare al ben diverso atteggiamento dei Paesi che sono entrati nella comunità europea dopo pesanti esperienze totalitarie; loro sì sanno apprezzare i vantaggi culturali ed etici prima ancora che economici dell'Europa. Può darsi che secoli fa Atene fosse la città della democrazia; ma adesso meglio Tallinn o Helsinki. Qui si sa ancora lottare contro la minaccia di nuovi e vecchi dispotismi.
E l'Italia crede anche Lei, come sostiene qualcuno, che possa essere la prossima?
Tutto dipende dal nostro atteggiamento. Credo che sia responsabilità di cittadine e cittadini maturi nel nostro Paese quello di non cedere ai populismi di destra e di sinistra, che minano sia l'economia, sia i valori più profondi dell'Europa. Cosa aspettiamo a buttare a mare questi politicanti di bassissima lega? Sono questi il vero cancro dell'Europa, e non coloro che arrivano in questo o quello Stato europeo da Paesi in condizioni molto difficili. Costoro sono tra i primi ad apprezzare ciò che l'Europa può loro offrire.
La minaccia dell'ISIS secondo qualcuno rende schiavi anche solo della paura. Esiste una soluzione secondo Lei?
Il terrorismo che si pretende di matrice islamica è una minaccia, e alcuni da noi non sembrano capaci di prenderlo sul serio. Forse non hanno troppa paura, o forse mescolano alla paura quella furbizia che non smette mai di sperare in un compromesso, per esempio accettando imposizione e sottomissione. L'unica soluzione consiste nel non arrendersi mai, non demandando ad altri la nostra difesa. Per gli esponenti di quello che io chiamo fascismo religioso nessuna pietà.
Uno dei concetti chiave del suo pensiero è la tolleranza. Può essere la risposta allo scontro in atto tra Occidente e ISIS?
In Occidente la tolleranza non è stata mai la trovata di qualche "anima bella", ma un complesso di misure protettive che hanno alla fine avuto ragione della miseria rappresentata dalle guerre di religione. Ma per ciò stesso questa tolleranza non può che essere una tolleranza vigile e armata. Faccio un esempio: ai tempi di sanguinosi conflitti tra cristiani di diversa denominazione, sul finire del Settecento, nell'Ulster (Irlanda settentrionale) i Presbiteriani dissenzienti dalla Chiesa di Stato proteggevano in armi il diritto dei loro compaesani cattolici di celebrare la Messa - anche se si guardavano bene dal credere in quel rito. Ecco un modello valido ancora oggi. La tolleranza che richiedo per me vale anche per il mio vicino, pur di religione diversissima, purché per dirla con una battuta dell'americano Thomas Jefferson "non mi azzoppi e non mi derubi".
La scienza, le scoperte scientifiche e il progresso sono un'oasi in questo mondo dilaniato da guerre, scontri politici e default economici? Se sì, perché?
Quella che al tempo di Galileo era chiamata la "Repubblica delle Lettere", cioè la comunità scientifica, ha lottato vigorosamente per la propria indipendenza da forme di potere coercitivo. Certo, queste lotte non sono state sempre vantaggiose nell'immediato per gli scienziati coinvolti. Pensiamo a Galileo Galilei, processato, condannato e umiliato dalla Chiesa Cattolica Romana o ai genetisti sovietici perseguitati e massacrati sotto Stalin. Per non dire delle discriminazioni messe in atto da fascismo e nazismo. Al confronto, la comunità scientifica è davvero un'oasi, anche rispetto al ricatto economico. Ma più grande è l'oasi più è impegnativo difenderne i confini. Possono trovarne la forza tutti quei ricercatori scientifici che si rendono conto di come sul lungo periodo la scienza possa prosperare solo in un'atmosfera di libertà.
L'Italia ha consolidato una mentalità scientifica o siamo ancora indietro?
Molti grandi italiani - dal marxista Labriola al liberale Einaudi - hanno insisitito sulla dimensione civile della cultura scientifica. Ma in Italia c'è ancora una pesante zavorra: l'eredità non ancora chiusa del fascismo, la diffidenza verso la scienza di certo mondo cattolico, l'antiscientismo di una Sinistra che ancora cita Marx avendolo capito sì e no al 20%, per non dire dell'estremismo di una grande porzione dell'ecologismo e dell' ostinata idiozia dei "politicamente corretti". Quest'ultimo, però, non è un fenomeno solo italiano!