Brexit, spunta il referendum in Irlanda. "Entro 5 anni voto sull'unione" - Affaritaliani.it

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Brexit, spunta il referendum in Irlanda. "Entro 5 anni voto sull'unione"

La vice presidente del partito repubblicano irlandese Sinn Fein afferma che la Brexit potrebbe portare ad un nuovo referendum per unire l'Irlanda

BREXIT, SINN FEIN: 'PROBABILE REFERENDUM SU UNIONE IRLANDA ENTRO 5 ANNI'

La vice presidente del partito repubblicano irlandese Sinn Fein, Michelle O'Neill, afferma che la Brexit potrebbe portare ad un nuovo referendum per unire l'Irlanda entro cinque anni. Lo riferisce la Press association. Intervenuta a Dublino, la O'Neill ha detto che il crollo del muro di Berlino, seguito dalla riunificazione tedesca, ha dimostrato come alcuni grandi eventi possano precipitare le cose, aggiungendo che questo potrebbe accadere anche con la Brexit. L'8 marzo 1973 si tenne un referendum in Irlanda del Nord per stabilire se questa regione doveva rimanere a far parte del Regno Unito od unirsi all Repubblica d'Irlanda. Boicottato dai repubblicani, fu vinto da chi voleva rimanere britannico. 

BREXIT, SINN FEIN: "ACCORDO DI JOHNSON IL MALE MINORE"

Lo Sinn Fein aveva comunque annunciato di essere favorevole all'accordo per la Brexit di Boris Johnson e Jean-Claude Juncker, definendolo il "male minore". Il partito repubblicano nordirlandese, contrario alla Brexit, per voce della leader Mary Lou McDonald afferma che l'accordo è "ampio e complesso" e "tutti gli aspetti devono essere considerati nella loro interezza". Tuttavia, "una Brexit buona non esiste, "la Brexit è stata imposta sull'Irlanda del Nord contro il volere democratico dei cittadini", afferma la McDonald secondo quanto riporta la stampa britannica. "Qualsiasi tipo di accordo può solo mitigare gli effetti peggiori della Brexit; il male minore". I voti dello Sinn Fein, a meno che non ci sia un cambio all'ultimo momento rispetto alla consueta linea del partito, non saranno però determinanti per l'eventuale approvazione dell'accordo. Il partito nordirlandese, infatti, pur eleggendo suoi deputati a Westminster, rinuncia sistematicamente ai seggi parlamentari ottenuti.