Ecco la road map di Theresa May per attuare la Brexit
Prima di chiedere formalmente la Brexit Theresa May ha intenzione di preparare il terreno raggiungendo un accordo con la Scozia indipendentista e il Parlamento
Chi si aspetta una accelerazione improvvisa della Brexit si sbaglia. Il 23 giugno il popolo britannico ha votato per lasciare l'Unione europea, ma la strada che porterà Londra verso l'indipendenza é ancora lunga. Lo sa bene Theresa May, la premier in pectore, che oggi prenderà il posto di David Cameron a Downing Street. Benché in molti sperino che la May presenti nel giro di pochi giorni la richiesta di uscita del Regno Unito dall'Ue, il ministro dell'Interno ha intenzione di prendersi tutto il tempo necessario per pianificare la secessione.
Merkel a Londra, chiarisca "rapidamente" sue intenzioni
Chi spera in una exit strategy veloce, ma non 'punitiva' é la Germania. La cancelliera tedesca, Angela Merkel chiede al Regno Unito di chiarire "rapidamente" le proprie intenzioni dopo il voto in favore della Brexit. "Il Regno Unito - dice Merkel nel corso di un ricevimento con il corpo diplomatico a Mesberg vicino Berlino - spieghi come vuole plasmare il futuro delle sue relazioni con l'Unione europea". La Markel ribadisce che spetta alla Gran Bretagna notificare la propria volontà di lasciare l'Ue prima che la procedura possa essere avviata. La cancelliera sostiene che il voto per la Brexit rappresenta una "rottura amara". "Tuttavia", aggiunge, "sono persuasa che l'Unione europea sia sufficientemente forte per sopportare questo taglio".
Ancora lungo l'iter per arrivare alla Brexit
Prima di tutto bisogna chiarire una cosa: la Brexit non é automatica. Il popolo britannico si é espresso in un referendum consultivo che non ha valore vincolante, o almeno lo ha solo politicamente. Spetta ora alla nuova premier traghettare Londra fuori dall'Ue e il primo passo é quello di inviare una lettera formale a Bruxelles chiedendo di iniziare la procedura di secessione. Seguono minimo due anni (ma c'é chi pronostica che ne occorreranno almeno sette) di serrate trattative per definire il nuovo quadro di relazioni in cui collocare il rapporto tra Londra e Bruxelles. Al termine delel discussioni il parlamento di Westminster dovrà votare l'accordo (cosí come anche il Consiglio e il Parlamento Ue).
Il nodo Westminster
E qui sta la prima incognita. Perché se é vero che il referendum ha sancito la Brexit é anche vero che lo ha fatto con un margine di voti risicato e non é detto che qualche deputato conservatore non se la senta di mandare alle ortiche quarant'anni di cooperazione. Molto dipenderà da ciò che la May riuscirà a strappare a Bruxelles. Ma non é neppure detto che il Parlamento bocci l'accordo proposto dal suo premier.
Libertà di movimento, immigrazione, banche e mercato unico
Juncker e Tusk lo hanno detto chiaramente, l'Ue non é á la carte, in cui ognuno sceglie ció che gli piace e lascia il resto. Se si vuole qualcosa bisogna dare una contropartita. E Paesi come la Francia e l'Italia hanno intenzione di farla pagare cara ai britannici, concedendo il minimo possibile. Londra invece vorrebbe continuare a commerciare con l'Europa come se fosse ancora parte dell'Unione. Niente barriere doganali e tariffarie. E vuole continuare a fare banking nel Vecchio continente senza seguire le regole che valgono per gli altri Paesi Ue. E infine vuole poter mettere un freno all'ingresso di lavoratori europei. Bruxelles accetterà? É ancora presto per dirlo ma la trattativa sarà serratissima.
Questione Scozia
C'é poi la questione della Scozia. Cameron rischia di passare alla storia come il premier che ha distrutto due unioni, quella europea e quella che mette unisce Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. Ma Theresa May non vuole essere ricordata per aver sancito la disgregazione del Regno Unito. Posto che una Scozia indipendente difficilmente riuscirà ad entrare nell'Unione, a causa del veto di Paesi come la Spagna che temono un effetto domino nelle proprie regioni (come la Catalogna o i Paesi Baschi), May dovrà cercare con Nicola Sturgeon un accordo per evitare che Edimburgo lasci Londra. E anche questo avrá il suo prezzo.