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Affari Europei
Ue, svolta protezionistica: stretta sugli investitori stranieri. Il piano

L'Ue verso una stretta sui take-over stranieri

Addio alle maglie larghe. L'Unione Europea è pronta a serrare i ranghi e strizzare l'occhiolino a qualche misura protezionistica per proteggere i propri asset dagli assalti degli investitori stranieri. Il rapido aumento delle operazioni di take-over da parte di gruppi stranieri di aziende europee inizia infatti a destare preoccupazione nei corridoi di Bruxelles. Secondo quanto riporta il Financial Times, il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker annuncerà a settembre l'adozione di alcune misure volte a rendere quantomeno l'idea di un cambio di passo rispetto al laissez-faire totale di questi anni. Secondo un rapporto del Mercator Institute for China Studies and the Rhodium Group, i soli investimenti diretti cinesi nell'Unione sono stati pari a 35 miliardi di euro nel 2016, una cifra superiore di due terzi rispetto a quella dell'anno precedente.

Le nuove misure anti Cina

Ed è proprio la Cina a destare preoccupazione e a spingere vari paesi a chiedere che l'Europa di doti di uno strumento di "vetting" più rigoroso perlomeno per le operazioni di m&a in settori considerati strategici, come l'energia, la manifattura high-tech e il comparto delle infrastrutture. Il timore è appunto che paesi come la Cina possano guadagnare un vantaggio di know-how avanzato mediante l'acquisizione di aziende europee (oltre alle relative quote di mercato) mentre dall'altro lato rendono difficili, o li vietano tout-court, investimenti stranieri nella loro economia. Al momento solo 13 delle 28 nazioni che formano l'Unione sono dotate di sistemi formali per esaminare takeover stranieri e determinare se mettono a rischio la sicurezza nazionale o se comunque vanno contro l'interesse del paese.

Il piano: introdurre uno screening a livello europeo

Secondo le indiscrezioni, il primo passo all'esame dei consiglieri di Juncker è di incoraggiare un migliore coordinamento dei sistemi di screening adottati da questi 13 paesi al fine di indurre anche gli altri a dotarsi di uno strumento simile. Un'altra proposta prevede di introdurre uno "screening" a livello europeo nel caso di takeover di aziende dell'Unione che abbiano ricevuto fondi comuni. Il problema peraltro non è solo dell'Europa. Lo scorso anno, l'Australia ha introdotto una processo obbligatorio di revisione per tutte le vendite di infrastrutture pubbliche a società straniere da parte del suo Foreign Investment Review Board. Negli Stati Uniti regole del genere esistono da anni e l'amministrazione Trump sta per lanciare ora un'indagine contro la Cina per violazione di diritti intellettuali. In Europa il tema è stato riproposto anche dal neo-presidente francese Emmanuel Macron che ha sposato la linea di paesi come l'Italia e la Germania per un esame formale a livello europeo, linea che invece sin qui ha trovato l'opposizione dei paesi nordici ma anche di Spagna e Portogallo. L'ipotesi più probabile è dunque che si proceda in due tempi: in un primo tempo la commissione potrebbe proporre delle linee guida non obbligatorie per migliorare il coordinamento dei vari processi di screening mentre in un secondo tempo si potrebbe arrivare a un sistema europeo su cui dovrebbero trovare un accordo i singoli governi nazionali. Le maglie si stringono.

Il modello Pirelli

Ci sono poi alcune aziende che sono riuscite a dotarsi di strumenti interni molto importanti. E' il caso di Pirelli. Con la futura quotazione i soci cinesi scenderanno infatti sotto il 50% del capitale. Lo statuto della futura Pirelli quotata contiene esplicitamente, ed è un unicum, più articoli che prevedono che spostamenti di sede dall'Italia e cessioni di know how tecnologico possano avvenire solo con il 90% dei voti del capitale dell'Assemblea. Non è tutto: il management è rimasto italiano e la guida affidata fino al 2020 a MTP che ha il diritto di guidare la scelta del suo successore. Un modello che potrebbe essere preso a esempio da altre imprese italiane ed europee.

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