Battisti e il male incurabile, 25 anni senza il Mozart della musica leggera

Il 25esimo anniversario della morte di Lucio Battisti, il Mozart della musica leggera, offre l'occasione per un cenno alla sua grandezza

Di Paolo Diodati
Lucio Battisti
Cronache

Lucio Battisti, la sua morte a 55 anni a causa di un male "incurabile", come dicono gli oncologi e tutti i medici seguaci del "pensiero unico", dà l'opportunità, sulla quale torneremo, di trattare l'importante argomento "Procedimento scientifico e pensiero unico"

Dopo Battisti, quasi il silenzio. Un mogoliano doc non può che risultare allergico alla sostituzione di Mogol, paroliere poeta dei suoi testi, col giustamente riluttante Pasquale Panella che, spinto da Battisti (gli disse: riterrò perfetti i testi che m'invierai, solo se non ci capirò assolutamente nulla) ha sfregiato e ridicolizzato quasi tutte le sempre splendide musiche del Mozart della musica leggera. Allo sconcerto del primo impatto, seguirono irritazione e rabbia, aumentate dalla lettura di articoli in cui i critici, per non sembrare poco intelligenti e poco aperti alle novità, lodavano lo sperimentalismo fonetico delle intelligentissime accozzaglie di parole in italo-esperanto.

Panella dovrebbe sapere, o ricordare, chi è stato il più grande estimatore della fantasia, della originalità di Mogol, sostenendo l’insuperabilità dei suoi risultati artistici. Chi, con i fatti, non con le parole e le interpretazioni indimostrabili, ha sostenuto e dimostrato la non sostituibilità di Mogol nell’interpretare atmosfere e sfumature delle musiche del più grande innovatore della musica leggera? È stato, senza dubbio, Lucio Battisti che ha dimostrato, passando all'incomprensibile, mascherato con sprazzi di luce comprensibile, sparsi qua e là, che Mogol fosse insuperabile, nel parlar comprensibile e nell'associare alle sue variabilissime atmosfere musicali, i pensieri più consoni, con parole incastonate nelle musiche.

Nessuno al mondo avrebbe potuto sostituire Mogol nello scrivere sia testi veri, seri, che originali e umoristici, intrisi di follia (tipo Innocenti evasioni). Nessuno sarebbe stato in grado di descrivere le psicosi moderne, le pretese tragicomiche dell’“uomo disperato” e le atmosfere reali e surreali che lui, Battisti, sapeva inventare con una originalità e una freschezza che nessun altro era ed è tuttora in grado di creare. 

Per vari motivi, però, aveva deciso di troncare il sodalizio perfetto e miracoloso, la simbiosi poetico-musicale con Mogol. Motivo economico: pretendeva, giustamente, che si applicassero le percentuali di legge della SIAE, tra musicista e paroliere, che Mogol aveva voluto al 50% a testa. In tutto il mondo al musicista spetta notevolmente di più (siamo al 70%) perché è noto che una canzone con buona musica e testi fiacchi o penosi. può aver successo (vedi anche i Beatles) ma non capita mai il contrario, salvo nelle canzoni politiche. 

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Poi motivi di gelosia-rivalità, sentiti soprattutto dall’ambiziosa e velleitaria Valezia, nome d’arte di sua moglie. Ma anche per la voglia genuina dell'irrequieto Battisti di scoprire nuovi orizzonti. In quella dificilissima occasione sapeva che avrebbe potuto scegliere il sostituto anche all’estero. La fretta e la continua spinta di Valezia gli fecero dimenticare che Mogol aveva realizzato con successo insuperabile, anche il linguaggio isterico, quello folle, quello sperimentalmente innovativo, restando però sempre nel comprensibile, nell’intelligente e, soprattutto, nel gradevole. Se avesse voluto andare verso lidi ancora più nuovi, tentando il detto e non detto, i giochi di parole, i doppi e tripli sensi, avrebbe potuto spingere Mogol a farlo. E Mogol era il tipo ideale per fare cose nuove, spinte, anche apparentemente astruse, ma ripeto, intelligenti e comprensibili. L’incantesimo di quella compenetrazione artistica unica, era però ormai rotto e Valezia una sera, insofferente, spedì Lucio a fare la spesa, troncando malamente i discorsi tra i due, proprio su questi temi.

Valezia, forse come tanti, nel sentire cantare Lucio, aveva sicuramente pensato “Certo che sono parole centrate. Ma cosa ci vuole a fare altrettanto?” Il fatto è che una considerazione simile poteva essere fatta solo “dopo” aver ascoltato le parole incasellate da Mogol. Con tutti gli evidenti suggerimenti dati da Battisti, alcuni dei quali completamente azzeccati (come quelli per il testo della difficile e originale Windsurf), bastò un solo tentativo per dimostrare che Valezia non avrebbe potuto sostituire Mogol, senza farlo rimpiangere.

Lucio allora fece la più grande e bella dichiarazione di stima e di amore artistico verso Mogol, la sua anima con parola. Certo che, nel serio, qualunque sostituto ne sarebbe uscito ridicolizzato, sostituì con il grottesco, le più alte vette raggiunte dalla musica leggera italiana. Vette molto, molto più alte delle ripetitive collinette dei Beatles.

Se Battisti-Mogol fossero stati inglesi e dichiaratamente conformi alle “ideologie alla moda”, gli anglosassoni, oltre a farli Baronetti, avrebbero trovato il modo di dar loro anche un Nobel. Altro che i premi Nobel per la letteratura a Bertrand Russell, Winston Churchill e Dario Fo.

Panella aveva messo ampiamente le mani avanti dichiarando: «Per scrivere canzoni bisogna essere stupidi». Credendo di dimostrare che lui stupido non era, preferì dimostrare d’essere un furbacchione. Non riuscendo a rinunciare eroicamente ai guadagni sicuri che gli avrebbe garantito Battisti, e non potendo, nemmeno tentare di reggere il confronto con Mogol anche per un solo testo, seguì il consiglio obbligato che Battisti gli dava per primo: rifugiarsi nei falsi intellettualismi del più irritante non-senso. Neanche nella più becera rivista goliardica o nei giornaletti delle parrocchiette si leggono scempiaggini in una specie di italo-esperanto, buttate così “alla prima che mi viene in mente, basta che le sillabe siano nel numero giusto.”

Esistono fior di studi commissionati ad istituzioni e università soprattutto americane, il cui scopo era di scoprire la ricetta della canzone di successo. L’esperimento di Battisti è servito a rispondere ad una delle tante domande che i ricercatori si sono posti.

Battisti (che anni prima aveva deriso i testi non-senso) avrà certamente pensato che se gli italiani ascoltano e comperano prevalentemente dischi in inglese in cui non capiscono una parola, questo sta a significare la non rilevanza delle parole rispetto alla linea melodica e al ritmo. A parità di non comprensione, avrà pensato che un testo incomprensibile in italiano, con la dolcezza della lingua e qualche brandello di frase significativa qua e là, sarebbe stato accettato dai giovani, più di un testo in inglese...

Il flop dell’esperimento stabilisce che l’acquirente di dischi non accetta buffonate-furbate sistematiche nella propria lingua. Flop indiscutibile di vendite, di interpretazioni da parte di altri cantanti, di memorizzazione da parte del pubblico. C’è qualcuno di voi che ricorda un testo, un “verso” del poeta (anche lui!) Panella, che non sia del Don Giovanni? Tutto ciò a dispetto di un gruppetto di appassionati che ritiene il periodo panelliano di gran lunga il migliore di Battisti e da tutti i punti di vista. Da buttare via, per banalità, la produzione con Mogol.

Ricordo d'aver dedicato alla svolta linguistica drastica di Lucio, questa considerazione: Battisti battesti Battisti sul tasto dei testi!  Della tua insalata russa,  ne scrisse già Trilussa:  se vuoi l'ammirazione degli amici, non far capire mai quello che dici...

"Procedimento scientifico e pensiero unico."

 
Tratterò questo tema importante e delicato, per dimostrare che la Comunità politico-scientifica italiana, tende a imporre il pensiero unico che è incompatibile col corretto procedimento scientifico. 
Lo ha fatto nella passata pandemia, anche maldestramente, con episodi e dichiarazioni arbitrarie, nonostante le contestazioni ufficiali pubbliche o nascoste e sotterranee. 
Lo ha fatto in modo brutale, nel problema sull'importanza, nei tumori, dell'acidità, che andrebbe combattuta. Lo ha fatto, di nuovo, in modo antiscientifico anche con decisioni assurde e ridicole (tipo annullare una laurea regolarmente conseguita) nel clamoroso caso del Dottor Tullio Simoncini). Il pensiero unico imposto riguarda le intoccabili Chirurgia, Chemioterapia e Radioterapia.
 
Il Dottor Ermanno Leo, famoso chirurgo oncologo presso la Casa di Cura La Madonnina, dove si dedica prevalentemente alla prevenzione e al trattamento chirurgico dei tumori del colon-retto, non usa mezzi termini. Tutti possono vedere e ascoltare nei video facilmente reperibili in rete, queste affermazioni: Il cancro è un affare insieme alla guerra.

E: in Italia muoiono di cancro 180.000 persone ogni anno!" Dopo circa 80 anni di continui miglioramenti nelle CCR (Chirurgia, Chemioterapia, Radioterapia), sarebbero i 180.000 morti, il successo delle CCR, per cui guai a chi le tocca?  Ah, dimenticavo che i difensori accaniti dell'intoccabile e incriticabile terna, parlano di mali incurabili, per quei 180.000 morti all'anno.

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