"Crisi economica per colpa delle spie": la Cina va a caccia di fantasmi

"Le spie sono responsabili della crisi economica in Cina". Così il regime affronta le difficoltà interne. E le produzioni tornano in occidente perché...

di Antonio Amorosi
Economia

Si offrono ricompense di decine di migliaia di dollari alle persone che segnalano spie. La Cina come la DDR del film “Le vite degli altri”?

Verso la fine della pandemia Bank of America spiegò la tendenza dell’80% delle multinazionali occidentali: spostare le produzioni entro i confini nazionali, viste le difficoltà di movimento di merci e persone. Da quel momento si è parlato di un’onda di ri-localizzazione delle imprese grandi e piccole, contrapposta alla delocalizzazione di massa delle produzioni, avutesi dagli anni ‘90 del secolo scorso. La Cina, che per motivi economici è stata considerata per anni una delle mete della delocalizzazione, è al centro del nuovo processo. E ora la tendenza, esasperata dalla pandemia, del rientro diffuso dato anche l’aumento dei costi per il mantenimento delle strutture produttive all’estero e la riduzione dei vantaggi per il basso costo della manodopera, potrebbe vivere una nuova accelerazione.

A luglio, la Cina ha rivisto la sua legge anti-spionaggio ampliandone l’applicazione, già radicale e da venerdì scorso la città di Chongqing, 32 milioni di abitanti, ha accelerato il processo con importati iniziative, lodate dal governo centrale. Si offrono ricompense, di decine di migliaia di dollari, alle persone che segnalano spie e si chiede un’attenzione importante contro le attività di spionaggio che minerebbero i valori cinesi. 

Pechino sta vivendo una crisi economica importante e non c’è strada migliore di proteggersi dalle minacce percepite che con una mobilitazione di massa, Mao Zedong insegna. Il partito comunista cinese al potere sta arruolando di fatto i cittadini in una dinamica che vede negli stranieri delle potenziali pericolo per il benessere diffuso. Anche l'improvvisa rimozione a luglio del ministro degli Esteri cinese Qin Gang (il più giovane mai arrivato a quel rango), riferisce il New York Times, e di due generali di alto rango, suggeriscono che la vigilanza diffusa stia chiudendo il Paese e che il leader massimo Xi Jinping possa aver temuto una minaccia per il controllo sullo Stato. 

Le nuove procedure interne prevedono che gli studenti cinesi che vanno all'estero siano formati su come evitare di essere attirati in attività di spionaggio dalle agenzie di intelligence straniere. 

A Chongqing le autorità locali applicano così la legge nazionale: viene adottata una formazione anti-spionaggio per dipendenti pubblici e studenti, si adotta una rigorosa supervisione di tutti i programmi di trasferimento e si chiede il nulla osta per i corrieri nella regione, al fine di rispettare i nuovi livelli di sicurezza richiesti. Si parla anche di una stretta supervisione di progetti cooperativi “con Paesi stranieri che possono coinvolgere segreti nazionali”. Le istituzioni dovranno esaminarli prima di essere condividerli per prevenire qualsiasi spionaggio.

Giovedì, il Ministero della Sicurezza dello Stato, la principale agenzia anti-spionaggio della Cina, ha affermato che Chongqing è stato il primo Comune a introdurre tali regolamenti di controspionaggio e ha elogiato la città per il suo “semplice ”, “rapido” ed “efficace” intervento. Un esempio da seguire.

Poco dopo l'entrata in vigore della nuova legislazione Chen Yixin, ministro della sicurezza dello Stato, ha scritto un articolo sostenendo che la Cina si deve “difendere in modo proattivo ” dalle spie per rafforzare sia la sicurezza nazionale sia la leadership del Partito comunista.

Una vigilanza di massa che sta alzando un muro di inquietudine nelle imprese occidentali che hanno investito in Cina. 

Le università cinesi richiedono ai docenti di seguire corsi sulla tutela dei segreti di Stato. Sui treni ad alta velocità si vedono video in loop che avvertono i cinesi di fare attenzione alle foto scattate, nel caso catturino informazioni sensibili. Negli uffici governativi del Yunnan, riferiscono diversi giornali asiatici, vengono fatti vedere video dove artisti che ballano in abiti tradizionali dicono: “Chi non denuncia sarà perseguito. Coprire i crimini porterà al carcere”. Addirittura un asilo nella città di Tianjin ha organizzato un incontro per insegnare al personale come comprendere e utilizzare la nuova legge anti spionaggio.

Una mobilitazione di massa dai caratteri inquietanti e che sembra avviare la Cina verso un nuovo tipo di Stato mai visto prima, stile DDR, quello vista nel film Oscar “Le vite degli altri”. 

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