Sanremo, Benigni celebra la Costituzione: il dietrofront del guitto toscano

Peccato che quando Renzi voleva cambiarla stava zitto... Il commento

Di Giuseppe Vatinno
Sanremo, 73mo Festival della canzone italiana - Prima serata
Politica

Sanremo 2023, Roberto Benigni ormai te lo devi sorbire sempre e comunque: il commento 

Roberto Benigni ormai te lo devi sorbire sempre e comunque. È un po’ come quei souvenir kitsch che comprano i turisti con i monumenti nella bolla di vetro che se rovesci cade la neve, quelle “buone cose di pessimo gusto” di cui parlava Guido Gozzano. E così il comico toscano ieri sera ha imperversato a Sanremo eccitato come non mai dalla presenza a quasi sorpresa del Capo dello Stato Mattarella con figlia a seguito, tanto da regalargli una captatio benevolentiae sul padre Bernardo.

Benigni lo conosciamo. Lui può fare tutto; a lui tutto è permesso. In un’epoca in cui se guardi in metro più di un nanosecondo qualcuno ti becchi una denuncia per violenza sessuale lui giocava con la “patonza” di Raffaelle Carrà, dicendole di tutte i colori, eccedendo così tanto da metterla in fortissimo imbarazzo. Ma era un’altra epoca e a lui tutto era permesso.

Dopo poi che ha vinto l’Oscar per un film artisticamente mediocre e antistorico -che poteva vincere solo in America- si è letteralmente scatenato e nessuno lo regge più. Ha ammorbato per anni e anni l’Italia e gli italiani con i suoi sermoncini su Dante Alighieri e purtroppo sta trovando pure epigoni. Poi ha molestato financo il Papa con i Vangeli glissando sul fatto che lui viene da una cultura atea e mangiapreti ma odorasoldi. E dire che a Sanremo c’aveva già provato ad usare il Cantico dei Cantici in maniera indegna, erotizzandolo a tal punto da farlo passare per una sorta di Playboy ante litteram ad uso e consumo del popolo ebraico in astinenza.

Benigni ha trovato la ricetta giusta per sfondare pensando che se uno diceva corbellerie ridendo, scherzando, sputando a destra e manca, svolazzando come un saltimbanco da circo di periferia tutto gli sarebbe stato concesso e così è sempre stato.

Tuttavia anche lui ha commesso un errore di cui non parla nessuno ma che rimane ad imperitura memoria. In un certo periodo, regnante il toscano Renzi, Benigni gli si appiccicò come una cozza quando voleva riformare la Costituzione. A quel punto però sorgeva un problema: lui che l’aveva definita “la più bella del mondo”, intangibile ed inattaccabile, doveva ora “vendere” il prodotto opposto: la Costituzione si poteva cambiare e suvvia non c’era nulla di male in un “ritocchino” come l’abolizione di botto di una intera Camera e cioè il Senato, messa proprio dai padri costituenti a tutela della democrazia.

E quindi così si espresse per salvare la capra (sua) e il cavolo (di Renzi): “Ho dato una risposta frettolosa, dicendo che se c’è da difendere la Costituzione, col cuore mi viene da scegliere il no. Ma con la mente scelgo il sì. E anche se capisco profondamente e rispetto le ragioni di coloro che scelgono il no, voterò sì”. Da notare che qualche mese prima era per il no ed a inizio anno per il sì. Insomma una posizione salda e ben determinata la sua.

In quel periodo Denis Verdini lo fulminò con una battuta memorabile: “Farebbe bene la Volpe in Pinocchio. Ma anche l’Omino di burro che raccoglie i ragazzi somarelli e li porta via nel Paese dei Balocchi promettendogli la settimana dei tre giovedì. Ma forse hanno fatto le unioni civili apposta per regolarizzare il suo rapporto con Renzi”. Quello era il periodo in cui Benigni e moglie viaggiavano in aereo con il premier e consorte e facevano cenette alla Casa Bianca con gli Obama’s e si illuminavano a vicenda.

Poi si sa come andò a finire. Renzi perse il referendum costituzionale e il povero Benigni si schiantò con lui. Ma l’ “omino di Burro” -come lo chiamò Verdini- aveva la strategia giusta. Sparì letteralmente nel nulla rifugiandosi nel suo esilio dorato, il villone megalattico sul colle Aventino, monumento perenne al radicalchicchismo di una certa parte politica. Lì sopravvisse benissimo a caviale, aragoste e sciampagna finché il popolaccio gonzo si fosse dimenticato del salto della quaglia che aveva fatto sulla Costituzione e poco a poco cominciò a ricomparire, prima timidamente, poi sempre più sfrontatamente mentre il tempo faceva il suo mestiere. E così giocando su ignoranza ed oblio è tornato a Sanremo a cavalcare l’antico destriero. Presto Monsignor Benigni sarà assoldato da Papa Francesco per aiutarlo a spiegare qualche passo del Vangelo troppo conservatore. Una mano lava l’altra e tutte e due si lavano insieme.

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