Roma: resort Regina Coeli, Michetelli, Pd: “Un carcere dell'orrore, va chiuso”
Cristina Michetelli prima firmataria della mozione per chiudere l'antico carcere romano. “Già l'ex ministro Orlando era favorevole”
Chiudere l'antico carcere di Roma di Regina Coeli per fare cosa? Cristina Michetelli, consigliere Pd al Comune e prima firmataria della mozione per spostare il carcere, scegli affaritaliani.it: “Sono decenni che siamo consapevoli che la struttura è in una crisi cronica: non solo per il sovraffollamento ma perché inadeguato”.
Consigliere, qual è la situazione di Regina Coeli?
“Ormai è in una situazione cronica di sovrafollamento, con circa 1000 presenze (siamo al 150%) costanti, contro le poco più di 600 che potrebbe ospitare. Ma non è solo una questione di sovraffollamento, bensì una questione di struttura. Regina Coeli èormai un edificio fatiscente, in molti casi ci sono vetri rotti, mancanza di riscaldamento e acqua calda nelle docce di molte celle, che hanno anche water non divisi dallo spazio residuo mancanza di aree esterne.Come ha sancito più volte la Suprema Corte, non è una struttura adatta a mettere in campo quei percorsi di rieducazione e reinserimento richiesti dall’art. 27 della Costituzione”.
La centralità urbanistica del carcere e i vincoli non permettono quindi una ristrutturazione?
“E' un edificio che è sottoposto a vincoli paesaggistici e archeologici, quindi non sarebbe possibile nemmeno una ristrutturazione per ampliare gli spazi, che comunque sarebbe costosissima e non potrebbe mai sopperire alla mancanza di aree esterne. Queste condizioni inumane hanno determinato un numero di suicidi inquietante, tre nel 2022 e tre solo in questi mesi del 2023. E’ urgente accendere un focus su questa struttura, focus che già venne acceso dall’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando. Quindi questa è una posizione che il Pd ha da anni”.
Ma la competenza, nonché la proprietà del gigantesco immobile è del ministero della Giustizia, perché se ne occupa il Comune di Roma?
“Noi sappiamo benissimo che quella su Regina Coeli è una competenza nazionale. La nostra mozione è un atto di indirizzo politico, che viene direttamente dall’ente locale su cui insiste questa struttura. Ovviamente non è vincolante per il Ministro, ma è un segnale forte che vuole dire come la pensa la maggioranza di questa consiliatura capitolina su questa struttura carceraria”.
Ipotizziamo che il carcere venga chiuso e che i detenuti possano trovare ospitalità in un'altra struttura, che fare dell'immobile? Perché a Roma sovente gli appetiti degli immobiliaristi sono voraci...
“Chiaramente non possiamo esprimerci sull’utilizzo futuro di questa struttura, ma chiediamo che questa sia oggetto di rigenerazione urbana e che se faccia un utilizzo concertato con la città. Pensiamo ad un museo (ricordiamo che da Regina Coeli vennero prelevati molti detenuti politici che vennero trucidati nelle fosse Ardeatine, quindi è anche un luogo della memoria), un centro culturale o altre destinazioni Comprendiamo che prima della chiusura occorrerà un piano globale di revisione della situazione carceraria nazionale ed in particolare romana, sulla quale siamo pronti ad aprire tavoli di confronto e dibattiti con le istituzioni a tutti i livelli, con le forze politiche e con le categorie interessate”.
Basterà una mozione ad aprire il dibattito con così tanti attori?
“La mozione fa sapere che Roma non accetta più questa situazione di inciviltà e che in un piano di riordino il Ministro Nordio dovrà tenerne conto. Ad esempio l’attuale ministro della Giustizia ha parlato dell’utilizzo delle caserme dismesse. Ecco queste possono essere uno strumento per creare residenze dove chi potrebbe essere collocato in custodia cautelare domiciliare o potrebbe scontare una pena breve in affidamento ai servizi sociali o a casa, anche se privo di una residenza o di un domicilio, possa usufruire di strutture più salubri e civili che garantiscano i percorsi di reinserimento. Riconosciamo che un carcere al centro della città è comodo per tutti gli operatori, per Avvocati e Magistrati, ma dobbiamo anteporre il diritto dei detenuti a vivere in ambienti salubri, il loro diritto alla tutela della loro salute fisica e mentale.
Non si rischia la paralisi del Tribunale?
“Si può pensare a strutture alternative di smistamento per detenuti in attesa di interrogatorio di garanzia, certamente con condizioni di accoglienza più civili. Lo voglio dire con chiarezza, a Regina Coeli sono stati riconosciuti quelli che la CEDU chiama “trattamenti inumani” e ciò a causa delle condizioni di sovraffollamento inaccettabili e per la mancanza degli spazi minimi concessi a ciascun detenuto di mobilità (3 metri quadri a testa da CEDU e Corte Costituzionale). Non è più accettabile. Con la nostra consiliatura ci siamo prefissati di abbattere le diseguaglianze, di avvicinare centro e periferie, di praticare l’inclusione e questo lo stiamo facendo anche con i progetti del PNRR e del Giubileo. Anche rispetto agli istituti di pena il nostro obiettivo è l’inclusione. Le carceri sono una parte della città che noi dobbiamo avvicinare anche alle istituzioni”.
Le prossime azioni?
“Stiamo pensando su questo di organizzare presto un convegno sul rapporto tra il carcere e la città, un tema a cui anche moltissimi architetti hanno dedicato i loro studi. Inoltre abbiamo chiesto lo svolgimento di una seduta dell’Assemblea capitolina a Rebibbia, un fatto non nuovo ma che avvenne già con il Sindaco Walter Veltroni, che promosse Rebibbia come XXI° municipio della città. Ecco noi dobbiamo riannodare le fila con quella esperienza e riprendere il cammino per la promozione dei diritti civili di tutti i cittadini, anche di chi ha sbagliato. In quella sede potremo dare voce a chi in genere non ce l’ha e ascoltare le problematiche dei detenuti, ma anche degli operatori, della polizia penitenziaria, educatori, psicologi nella fruizione die servizi della città e a lanciare progetti di inclusione. Per noi questa è una battaglia di civiltà e di diritti, perché Roma deve tornare ad essere anche la capitale dei diritti civili”.
Lei prima dell'impegno politica è stata ed è un avvocato romano con grande esperienza, basti pensare ai processi contro le nuove Brigate Rosse, il processo D'Antona, Mondo Mezzo e Murdoch dei Parioli. Che ne pensa del carcere come luogo di espiazione della pena?
“La nostra Costituzione parla di certezza delle pene - al plurale - e che la pena certa è quella che si sconta ma non necessariamente in carcere. Ogni tipo di reato, ogni detenuto hanno un percorso che alla fine deve essere individualizzato e dovrebbe essere sempre scelta la modalità di esecuzione più conforme al caso e alla persona.In ogni caso, la pena scontata in carcere non può che essere la privazione della libertà e mai può diventare inflizione di sofferenza fisica o mentale, né violazione di diritti civili”.