Incinta e lasciata dal compagno: se non riconosce la paternità, che cosa fare? - Affaritaliani.it

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Incinta e lasciata dal compagno: se non riconosce la paternità, che cosa fare?

di avvocato Maria Grazia Persico*

Ho 27 anni e il mio compagno, dopo la notizia della mia gravidanza, mi ha lasciata. Se decide di non riconoscere nostro figlio, che cosa fare?

“Gentile avvocato, ho 27 anni e il mio compagno, che ne ha trenta, dopo la bellissima notizia della mia gravidanza, ha deciso di “abbandonare la nave” e lasciarmi da sola in alto mare. Le sue parole sono state dirette e sbrigative: “io non sono pronto per essere genitore, non so come si fa”. Vorrei dirLe che invece io lo so, ma non è così. Oltre a essere emotivamente distrutta per il dolore che sto vivendo, ho anche il terrore che il padre possa decidere di non riconoscere nostro figlio e di non darmi neppure un supporto economico. Cosa si può fare in questi casi?”

Cara Signora, innanzitutto, sento di doverLa rassicurare. Non c’è una vera “ricetta” per essere un buon genitore.La “genitorialità” è una sfera in continuo divenire che non riguarda solo l’ambito giuridico o quello sociopsicologico, ma attiene anche, e soprattutto, all’amore e, proprio per questo, sfugge a qualsiasi definizione.Quando, infatti, il nostro codice civile e il nostro codice penale fanno riferimento alla genitorialità, non lo fanno per “definirla”, ma lo fanno per regolamentare le misure a suo sostegno. Per esempio, gli artt. 316 c.c. e ss. disciplinano la responsabilità genitoriale, mentre l’art. 570 c.p. disciplina la “violazione degli obblighi di assistenza familiare”.

Tornando alla Sua situazione, qualora il Suo ex compagno dovesse decidere di non riconoscere in modo spontaneo Vostro figlio, Lei - in qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale - potrà adire il Tribunale competente (quello del luogo di residenza del presunto padre), per ottenere una sentenza di accertamento giudiziale della paternità ex art. 269 c.c. Anche se il codice civile prevede che, per dimostrare la paternità, non è sufficiente la sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento, ammette “ogni mezzo” di prova, purché si tratti di elementi presuntivi plurimi, gravi, univoci e concordanti. 

È evidente che, qualora dovesse decidere di intraprendere una causa giudiziale, la strada migliore - che non lascerebbe spazio a interpretazioni - sarebbe quella di chiedere al Giudice di ordinare al Suo ex compagno di sottoporsi all’esame del DNA, il cui rifiuto senza giusta causa, in base al prevalente e consolidato orientamento giurisprudenziale, sarà valutato dal Giudice ai sensi dell’art. 116 del codice di procedura civile.

In sostanza, il rifiuto ingiustificato dell’uomo a sottoporsi al test rappresenta un comportamento tale da poterne dedurre il tacito riconoscimento della paternità. È pertanto inutile, se non controproducente per il Suo ex compagno, non collaborare.  Il Giudice, una volta accertata la paternità, emetterà una sentenza di natura costitutiva ai sensi dell’articolo 277 c.c., che produrrà gli stessi effetti del riconoscimento, senza che sia necessario il consenso del padre.

Questo, perché il riconoscimento del figlio è un atto dovuto dal genitore e, anzi, se omesso, legittima i figli - quando il mancato riconoscimento abbia determinato un vuoto affettivo e sociale - ad agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno da privazione della figura paterna, una volta raggiunta la maggiore età e, quindi, anche dopo molti anni dalla nascita. L’azione è, infatti, imprescrittibile per il figlio. La “perdita” per l’assenza della figura genitoriale può essere provata attraverso il ricorso a presunzioni semplici (risalendo da un fatto noto a un fatto ignoto), nonché attraverso il ricorso a nozioni di comune esperienza e non va considerata solo come perdita in termini di mancato sostegno economico, ma come perdita di tutto l’insieme di rapporti di conoscenze, di esperienze, di consigli, di sostegno morale e spirituale su cui ogni figlio può normalmente contare nel rapporto con i propri genitori.  

Quindi, Cara Signora, con il riconoscimento giudiziale della paternità, il padre, automaticamente, ha l’obbligo di mantenere, assistere e crescere Vostro figlio, partecipando, insieme a Lei, alle spese necessarie. Ovviamente, in base alle Vostre rispettive possibilità economiche. Come vede, anche se l’amore non ha confini e sfugge a definizioni, il legislatore ha ritenuto necessario, negli anni, regolamentare anche i rapporti d’amore con obblighi di legge e sanzioni per i “trasgressori”. 

*Studio legale Bernardini de Pace