Caso Battisti, la sinistra faccia i conti con gli anni di piombo - Affaritaliani.it

Lo sguardo libero

Caso Battisti, la sinistra faccia i conti con gli anni di piombo

Ernesto Vergani

L’autoreferenzialità di Bonafede e Salvini ha limitato il dibattito

Trecentosettanta vittime e mille feriti per terrorismo dal 1969 al 1988. Negli anni Settanta 40mila giovani coinvolti nella lotta armata e 5mila processi.

La cattura del terrorista rosso Cesare Battisti in Bolivia e il suo rientro in Italia potevano determinare una riflessione nel Paese su ciò che sono stati gli anni di piombo, ma non  è avvenuto.

Ce n’era bisogno se si pensa sia a che cosa rappresenta il Movimento 5 Stelle, camaleontico per decisioni e prese di posizione che possono sembrare a volte di destra (fasciste) a volte di sinistra (comuniste), sia a cosa sono oggi i partiti, la selezione e la rappresentanza della politica.

Un’occasione mancata. La causa più probabile è che i media si sono concentrati sulla autoreferenzialità e personalizzazione dell’arrivo di Battisti all’aeroporto di Ciampino da parte dei ministri dell’interno Matteo Salvini e di quello della Giustizia Alfonso Bonafede (che talvolta indossano, il primo la divisa della Polizia e dei Vigili del Fuoco, il secondo della Polizia Penitenziaria, tenute che in realtà sono estrinsecazione, oltre che loro,  di tutti gli italiani e di qualsiasi schieramento politico democratico).

In realtà quel poco che si è dibattuto, sembra aver dimostrato che ci sia molta confusione. Più nella sinistra. La destra (il centro-destra), in virtù dell’indubbio fallimento del comunismo nel mondo, ha risolto tutto in modo giusto ma sbrigativo: “Erano dei folli. Operai e studenti che si arrogavano il diritto di condannare a morte e uccidere le persone in nome del comunismo. Sbagliato al 100%”.

La sinistra pare debba ancora riflettere molto. Pur nella condanna (“Il terrorismo era errato e i colpevoli devono pagare”), in essa sembra emergere una comprensione maggiore, con giustificazioni tipo “per certi versi… una generazione che ci credeva”. Indicativa la frase che nel film di Renato De Maria “La prima linea”, gruppo che uccise 23 persone, dice il protagonista Riccardo Scamarcio alias il capo Sergio Segio (definito sui motori di ricerca, oltre che ex terrorista, saggista e scrittore…): “Avevamo scambiato il tramonto per l’alba”.

Del resto alcuni esponenti del giornalismo e della politica italiani fanno parte di coloro che furono quei giovani della estrema sinistra, delle organizzazioni extraparlamentari se non terroristiche (tra i vertici di un importante quotidiano c’era il fratello di un terrorista delle Brigate Rosse protagonista del rapimento e dell’omicidio di Aldo Moro e un'altra figura di spicco di quell’agguato, Alessio Casimirri, tuttora latitante in Nicaragua, è figlio di colui che fu addetto stampa di tre Pontefici in Vaticano).

Perché? Negli anni Settanta non si era consapevoli del fatto  che il comunismo e il modello sovietico erano l’orrore, un sistema basato sulla delazione che negava le attitudini fondamentali dell’uomo: possedere e vivere liberamente. Un accecamento assoluto se è vero che Matteo Salvini, ancora nel 1993, alla sua prima esperienza da consigliere del Comune di Milano nel partito fondato da Umberto Bossi, fu leader dei Comunisti padani.