Coronavirus

Covid, cani arma per fiutare l'infezione: le 3 fasi del progetto

Di Monica Camozzi

Covid 19, impiegare il fiuto dei cani per individuare le infezioni. Lo studio

Covid, cani arma per fiutare l'infezione: le 3 fasi del progetto

Impiegare il fiuto dei cani per individuare le infezioni da Covid 19? Lo si sta studiando proprio in questi mesi ed è stato ribadito ieri nel corso della conferenza stampa “I veri amici sono loro” organizzata da Confindustria Cisambiente.

Potrebbe sembrare bizzarro, ma la capacità canina di rilevare la presenza di malattie metaboliche individuando gli odori veicolati dai Vocs (Composti Organici Volatili) è ampiamente rilevata da studi scientifici e ricerche.

Da quando, nel 1989, su The Lancet apparve la lettera firmata da due dermatologi, che riportava il caso di un cane in grado di riconoscere, attraverso l’olfatto, la presenza di un melanoma sulla gamba della proprietaria. 

Da allora la ricerca si è sbizzarrita, In particolare in ambito tumorale.

Numerose sono state condotte nell’ambito della  diagnosi dei tumori colon-rettali, della mammella, dell’ovaio, della pelle, della prostata e della vescica. A Milano, lo IEO  in collaborazione con il Dipartimento di medicina veterinaria dell’Università di Milano, si è  concentrato sul tumore al polmone. Una delle ricerche recenti, pubblicata nel 2018,  svolta in Italia da Università di Milano – Dipartimento di Medicina Veterinaria e IEO – Istituto Europeo di Oncologia e MDDI, ha indicato una percentuale di successo del 95% nella rilevazione del tumore al polmone.

E sul sito di Medical Detection Dogs Italy Onlus, che  promuove la preparazione e l’impiego dei cani a sostegno della ricerca biomedica e dell’assistenza e prevenzione rivolte agli ammalati, si trovano storie “incredibili”: come quella di Claire Guest, ha scoperto di avere un tumore grazie al comportamento inusuale di Daisy, la sua meticcia di Labrador, che le puntava insistentemente il naso contro un seno. O di Penelope, il Pinscher toy di Suzie Thomas, che leccava e graffiava insistentemente una lesione della cute sulla gamba della padrona, la quale, incuriosita, è andata dal dermatologo, per scoprire un melanoma.

Ora si indaga sulla capacità canina di rilevare il Covid: i Bio detection dogs

Ebbene, Medical Detection Dogs Italy, insieme all’Università Statale di Milano – Dipartimento di Medicina Veterinaria, ha predisposto un progetto di ricerca scientifica sull’impiego del fiuto del cane in questo senso.

A illustrarlo è intervenuta Mariangela Albertini, del dipartimento di medicina veterinaria dell’Università di Milano.  “Noi con il tumore ormai abbiamo dimostrato che la cosa è possibile. Adesso stiamo cominciando altri progetti e partiamo con il Covid, i cani riescono a percepirne la presenza. Ci sono già studi iniziati in Finlandia, a Dubai. Ogni patologia lascia una firma odorosa e i cani la percepiscono chiaramente. L’idea è  di arrivare ad addestrarli a percepire la presenza anche nelle persone asintomatiche. L’aspetto meraviglioso è che i cani sono in grado di fare diagnosi precoci, senza possibilità di errore, lo abbiamo già testato sui tumori al polmone”.

L’obiettivo del progetto è fornire ai Servizi Sanitari una metodologia di rilevamento preventiva di massa non invasiva, economica, veloce e sicura, basandosi su una ricerca preliminare scientifica che avvalori la metodologia tecnica da impiegare poi sui cani. Essa potrà essere impiegata nel futuro anche su altre tipologie di infezioni virali e batteriologiche con i “Bio Detection Dogs”.

Il cane ha un olfatto che è fra le 10 e le 100.000 volte superiore a quello umano, capace di rivelare composti organici volatili alla concentrazione di una parte per trilione. 

Ora sono in corso all’estero ricerche per verificare come il cane può rilevare allo stesso modo la presenza di Covid-19. Una in Germania, già pubblicata, della Facoltà di Veterinaria dell’Università di Hannover con le Forze Armate tedesche (ma su campioni di saliva con virus inattivato), un’altra ancora in corso nel Regno Unito, dell’associazione Medical Detection Dogs con la London School of Hygiene&Tropical Medicine e l’Università di Durham. I cani sono stati testati anche negli aeroporti in diversi Paesi. 

Ma Covid 19 ha un “odore” individuabile dall’olfatto canino?

“Il Covid-19 è un virus che non ha odore in sé -dichiara il Medical Detection Dogs-  tuttavia scatena reazioni fisiologiche nelle persone infettate, che il cane può rilevare. Le malattie respiratorie modificano l’odore del corpo e il cane è capace di accorgersene facilmente. Va dunque individuato il substrato biologico più idoneo per preparare i campioni su cui addestrare il cane, prima di passare allo screening diretto sulle persone, e vanno stabilite le misure di sicurezza necessarie per salvaguardare gli operatori e i cani dai contagi, in aggiunta ai Dispositivi di Protezione Individuale usuali. 

Le tre fasi operative del progetto: qualche mese e avremo i risultati

1a Fase – Rilevamento sui campioni. Addestramento dei cani a individuare attraverso l’olfatto su campioni biologici la presenza di VOCs associati agli effetti del Covid-19, per dimostrare scientificamente l’affidabilità dell’olfatto del cane (come è già stato fatto per il tumore al polmone). I campioni biologici sono forniti da un importante istituto di ricerca lombardo, i locali-laboratorio e le strumentazioni dall’Università a Lodi, i cani e gli operatori da MDDI. Sono impiegati cinque cani di cui tre già esperti (un Labrador, un incrocio segugio e un pastore belga Malinois) in quanto hanno già partecipato alla ricerca sul tumore. Questo ridurrà di molto il tempo del loro allenamento.

2a Fase – Rilevamento sulle persone. Dopo la preparazione al rilevamento sui campioni, i cani vengono addestrati a farlo sulle persone. Il passaggio avviene secondo il modello operativo già seguito con i cani da allerta diabete da MDDI. Permette di predisporre il protocollo operativo di sicurezza.  

3a Fase – Preparazione delle unità cinofile per lo screening sulle persone (in scuole, aeroporti, centri commerciali, RSA e altri luoghi), preferibilmente tra quelle che già operano nella discriminazione olfattiva per scopi preventivi e sociali (ricerca droga e esplosivi, sicurezza pubblica e privata, ricerca persone e soccorso…).