Covid. Sangue gruppo 0 rischia meno? Per la statistica sì. Studiosi divisi - Affaritaliani.it

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Covid. Sangue gruppo 0 rischia meno? Per la statistica sì. Studiosi divisi

di Antonio Amorosi

Ci può essere una correlazione tra gruppo sanguigno e possibilità di contrarre il Covid o di ammalarsi duramente? Gli studiosi divisi. Solo il dato statistico…

Ci può essere una correlazione tra gruppo sanguigno e possibilità di contrarre il Covid? Esiste un’incidenza di questo aspetto sul decorso della malattia? La comunità scientifica in impasse su vari fronti si sta interrogando da tempo sulla relazione.

Ovviamente sulle risposte gli studiosi si dividono. Ma sono state avanzate diverse ipotesi a livello molecolare.

Un mese fa un gruppo di studiosi del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna ha raccolto e confrontato i molti dati di ricerca sulla correlazione possibile emersi a livello mondiale. I risultati, pubblicati sulla rivista Plos One, fanno emergere che chi ha il gruppo sanguigno “A” ha una maggiore probabilità di diventare positivo al Sars-CoV-2. Chi appartiene al gruppo “0” invece avrebbe minori probabilità di contrarlo: risulterebbe più protetto. Non risultano invece differenze per i gruppi “B” e “AB”.

Ad ottobre due studi sono stati pubblicati sulla rivista Blood Advances of the American Society of Hematology. Il primo, diretto dal francese Jacques Le Pendu, ai vertici di questa ricerca presso l'Università Inserm di Nantes, sostiene che il gruppo “0” rischia di contagiarsi il 20% in meno e anche il deterioramento fisico dei pazienti con gruppo “0” avverrebbe in modo più lento. Ma le stesse potrebbero essere contagiate da persone dello stesso gruppo sanguigno.

Il secondo studio, canadese, a cura del Vancouver General Hospital e diretto da Mypinder Sekhon, sostiene che gli appartenenti ai gruppi “0” e “B” hanno meno chances di vedere il proprio stato peggiorare rispetto a quello dei gruppi “A” e “AB”. Anche se il dato numerico è limitato: il campione è composto da 95 pazienti ricoverati e gravemente malati. Tra i malati del gruppo “A” oppure “AB”, l'84% ha avuto bisogno del respiratore artificiale mentre il 61% di chi era dei gruppi sanguigni “O” oppure “B”. Chi era dei gruppi “A” o “AB” è stato di più in terapia intensiva (di media di 13.5 giorni) contro chi  era dei ceppi “0” e “B” (9 giorni). Un divario non irrilevante. Secondo Mypinder Sekhon però l’incidenza del gruppo sanguigno resta inferiore alla presenza nei pazienti di malattie preesistenti.

A marzo i medici e biologi dell'Università di Wuhan e i loro colleghi dell'Università meridionale di Scienza e Tecnologia di Shenzhen condussero uno studio su circa 2000 pazienti trovando gli stessi risultati e principalmente che le persone con gruppo sanguigno “A” hanno un rischio significativamente più elevato.

A giugno sul New England journal of medicine è apparso uno studio su 1.900 pazienti gravi italiani e spagnoli. L’analisi sosteneva che chi era del gruppo “A” aveva un rischio di ammalarsi di Covid più alto del 45%.

A metà ottobre i ricercatori della University of Southern Denmark hanno confrontato i registri sanitari danesi di oltre 47.000 persone risultate positive con 2 milioni di persone della popolazione generale. Risultato? Tra i positivi c'erano meno persone con gruppo sanguigno “0” e più persone con i gruppi “A”, “B” e “AB”, senza rilevare differenze nel tasso di infezione tra “A”, “B” e “AB”.

Associazioni simili sono emerse anche nel 2003, al comparire della Sars-Cov-1. Sulla correlazione sono state sviluppate analisi in vitro che confermerebbero la maggiore resistenza del gruppo “0”.  I gruppi sanguigni sarebbero associati a diverse risposte immunitarie e con diverse produzioni anticorpali.  L’anticorpo anti-A trovato nei soggetti con gruppo sanguigno “0” o “B” sembra influire nell’interazione con il virus Sars-Cov-1 e il recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) espresso dalle cellule bersaglio dell’ospite che quindi influisce sulla ricezione del virus.

Ma il dato statistico diffuso non deve far sentire maggiormente protetto chi appartiene al gruppo “0” che dovrà seguire le medesime modalità di protezione di chi appartiene ad altri gruppi.

Molto decisi e con una lettura diametralmente opposta i ricercatori della Harvard Medical School con sede presso il Massachusetts General Hospital.

Per loro il gruppo sanguigno non è associato a un grave peggioramento dei sintomi nelle persone che sono risultate positive al COVID-19 e non vi sarebbe correlazione tra alcuni gruppi sanguigni e il COVID-19.

"Questi risultati devono essere ulteriormente esplorati per determinare se c'è qualcosa di inerente a questi gruppi sanguigni che potrebbe potenzialmente conferire protezione o indurre rischi negli individui", ha detto la ricercatrice medica Anahita Dua che a luglio ha pubblicato su Annals of Hematology uno studio che dimostrerebbe l’assenza di relazioni: "Abbiamo scoperto, tuttavia, che i marcatori di infiammazione sono rimasti simili nei pazienti infetti indipendentemente dal loro gruppo sanguigno".