Costume

Coronavirus e rischi psicologici: bisogna conoscerli, ammetterli e prevenirli

di Maria Martello*

Stiamo vivendo una tragedia, ma con che consapevolezza? Con che coinvolgimento? Quanto siamo lontani dalle nostre radici e dalla nostra formazione classica? Ci siamo dimenticati del pensiero greco che abbiamo come background? Gli antichi greci avevano inventato il teatro non come un mero divertimento né come evasione. Ma come costruzione e cura della persona. Che ruolo e che funzione aveva nel teatro greco la tragedia?

La prima fase era dedicata all'espressione del problema, del dramma; seguiva la fase del confronto della sofferenza attraverso l'espressione del dolore di ciascun attante, per poi passare finalmente alla terza fase, quando la sofferenza diventava mezzo di trasformazione interiore e si giungeva alla catarsi. E intanto il coro stava sulla scena, insieme ai protagonisti o in loro assenza, a compenetrarsi nella sofferenza, a ribadirla, a cercare di intenderne il senso, a puntualizzare le conseguenze dell’evento, a commentare l’orrore in quel caso della trasgressione e della colpa, a trasferire o ribadire le norme della collettività, a liberare infine le energie compresse nell’abluzione catartica, nel lamento dell’espiazione.

Lo dice anche la vulgata: solo quando si tocca il fondo si può risalire. Ma noi siamo entrati a fondo, con tutto noi stessi nel cuore della situazione o abbiamo messo il prosciutto sugli occhi ovvero il bavaglio alle nostre emozioni? Ci siamo concessi di confessare che ci sentiamo senza difese, che stiamo vedendo la morte negli occhi e per un tempo continuativo ed infinito?

Sono convinta di no. E questo comportamento è gravido di malessere che si imprime dentro e condiziona la nostra energia vitale, la nostra apertura al futuro positivo, il nostro impegno per realizzarlo. Ignorarlo non è segno di coraggio né di forza. Solo di paura a riconoscerlo. La paura non riconosciuta diventa inibente e limitante. Viceversa più diventare propulsiva, generatrice di maggiore consapevolezza e di forza. Di coraggio e consistenza nell’affrontare le difficoltà ordinare e anche straordinarie.

Come ogni malattia peggiora se non la si conosce, così questo “virus” emotivo: per combatterlo va riconosciuto nella sua pericolosità e contrastato con interventi qualificati ad hoc. Lodevoli le iniziative volontaristiche già approntate da alcuni centri di ascolto, stanno facendo da modello pionieristico. Occorre continuare e strutturare variegati servizi specifici alla persona. Alla crisi sanitaria ed economica va aggiunta pertanto anche quella interiore delle persone. Non disattendiamola!

Chi ha ruolo di guida istituzionale e privato in questa fase post covid deve assolutamente privilegiare l’attenzione alla ricostruzione umana della popolazione e mettere in campo risposte idonee. Questa la risorsa principale da cui partire e che può far da volano alla rinascita del paese: è la ricchezza di cui disponiamo, a cui si è cercato di salvare il corpo, e quindi la vita dal virus, a cui si deve dare modo di evolvere esprimendo le qualità migliori.

 

* Maria Martello è formatrice alla Mediazione per la risoluzione dei conflitti secondo il modello umanistico-filosofico da lei ideato, ha insegnato Psicologia dei rapporti interpersonali presso l’Università Cà Foscari, già Giudice on. presso il Tribunale per i minorenni e la Corte d’Appello di Milano, autrice tra gli altri del volume “Sanare i conflitti “, Guerini e Associati Editore, “La formazione del mediatore” ed. Utet, “Mediatore di successo” ed. Giuffrè,  “L’arte del mediatore dei conflitti”, Giuffrè, “ Educare con SENSO senza disSENSO” Franco Angeli.

Email: maria.martello@tiscali.it