Costume

Recovery Fund, (anche) la parità di genere produrrà vantaggi economici

di Micaela Longo

Le misure di contrasto al Gender Gap favoriranno una crescita inclusiva e sostenibile con migliori tassi di occupazione, PIL, fertilità ed esportazioni

Recovery Fund, 17.1 miliardi di euro a parità di genere, coesione sociale e territoriale: i vantaggi economici che ne deriveranno (non saranno uno sgarbo alla sanità).

Ora tutti felici a sapere che si potranno spendere il doppio dei soldi sulla “parità di genere” (!?) rispetto alla sanità. Meglio morire di malasanità ma sapere che al posto Mattarella c’è la Boldrini!”. È il tweet pubblicato l’8 dicembre 2020 alle ore 12: 52 da Marco Rizzo, Segretato del Partito Comunista, in seguito alla diffusione della bozza del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (PNRR) italiano.

I fondi del Next Generation EU affidati all’Italia (208,6 miliardi di euro), ricordiamo, potrebbero essere così distribuiti:

  • Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura: €48.7 mld (24,9%)
  • Rivoluzione verde e transizione ecologica: €74.3 mld (37,9%)
  • Infrastrutture per una mobilità sostenibile: €27.7 mld (14,1%)
  • Istruzione e ricerca: €19.2 mld (9,8%)
  • Parità di genere, coesione sociale e territoriale: €17.1 mld (8,7%)
  • Salute: €9.0 mld (4,6%)

Per un totale, quindi, di 196 miliardi di euro, e non di 208,6.

Veniamo alla riflessione di Rizzo: chi siamo noi per giudicare un diritto costituzionale inferiore rispetto a un altro? Perché il Segretario del Partito Comunista si è posto, come prima domanda, proprio questa?

Perché non si è chiesto, anzitutto, se rinunciare a una quota di investimenti in più finanziati dal NG-EU per non appesantire ulteriormente il debito pubblico sia la strategia giusta?

Perché ha sentenziato senza progetti alla mano?

Perché non si è domandato come verranno riorganizzare le spese pubbliche?

Ma, soprattutto, perché non ha pensato ai vantaggi economici che potrebbero derivare dal raggiungimento dell’uguaglianza di genere?

Vantaggi economici dell’uguaglianza di genere nell’UE

La riduzione delle disparità di genere potrebbe produrre notevoli vantaggi economici:

  • aumento del numero di posti di lavoro che gioverebbero a donne e uomini;
  • fino a 10,5 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2050 destinati soprattutto alle donne;
  • impatti positivi sul PIL pro capite che migliorano nel tempo;
  • aumento del PIL pro capite dell’UE fino al 10% entro il 2050

“Vantaggi economici dell’uguaglianza di genere nell’UE” è lo studio dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) che ha analizzato gli impatti della diminuzione della disuguaglianza di genere sull’economia europea.

Il raggiungimento della parità di genere, secondo il documento, contribuirà alla soluzione delle problematiche legate all’occupazione, alla produttività e all’invecchiamento della popolazione. L’uguaglianza di genere, infatti, potrebbe trainare i settori più strategici.

Parità di genere: al 2030, tasso di occupazione UE a +72,6% e posti di lavoro nuovi tra i 6,3 e i 10,5 MLN

Se l’uguaglianza di genere sarà sostanzialmente migliorata entro il 2050, il tasso di occupazione nell’UE raggiungerà quasi l’80%. […] entro il 2030 il tasso di occupazione nell’UE raggiungerà il 72,6 %. […] Nel 2050 verrebbero creati nuovi posti di lavoro tra i 6,3 milioni e i 10,5 milioni. […] Circa il 70 % di questi posti di lavoro sarebbe occupato da donne. Ciò equivale ad espandere l’occupazione nell’UE del numero complessivo di posti di lavoro di un Paese europeo di media dimensione come i Paesi Bassi”.

Come? Ad esempio, sgretolando la segregazione di genere nelle scelte relative all’istruzione e favorendo il coinvolgimento delle donne nei settori STEM. Ancora oggi, infatti, il 75% degli studenti STEM è rappresentato dagli uomini.

Per conquistare tale obiettivo, urge affrontare una delle cause principali delle disparità di genere: la ripartizione non uniforme delle responsabilità familiari non retribuite tra donne e uomini (cfr. https://www.affaritaliani.it/costume/divario-di-genere-il-dedalo-del-trip-chaining-al-servizio-del-lavoro-di-cura-702703.html).

Il 39% delle donne nell’UE-28, ha dichiarato che il motivo principale per cui non cercava un’occupazione è l’impegno di “badare ai bambini o ad adulti disabili”, a fronte del 4% soltanto degli uomini.

Il divario occupazionale tra i generi nell’UE è dell’11,6% e aumenta in base al numero di bambini presenti nelle famiglie.

Gli Stati membri dell’UE, inoltre, dovrebbero sopprimere i divari retributivi tra i generi: posti di lavoro con retribuzioni più elevate attraggono le donne verso il mercato del lavoro (le donne guadagnano in media il 16,1% in meno degli uomini nell’UE). E ancora, stipendi più elevati allontanerebbero le donne dalla povertà e ridurrebbero il divario pensionistico.

Le donne sono più colpite dalla povertà rispetto agli uomini a causa delle ridotte prospettive occupazionali: i nuovi posti di lavoro per le donne sono fondamentali perché potrebbero contribuire a una crescita economica inclusiva, riducendo la povertà.

Uguaglianza di genere, PIL pro capite a +2% nel 2030 e a +10% nel 2050

Il PIL pro capite aumenta con il miglioramento dell’uguaglianza di genere. I risultati mostrano che nell’UE si registrerà un aumento fino al 2% nel medio termine (2030) e fino al 10% nel lungo termine (2050). Ciò equivale ad un possibile aumento di 1,95-3,15 trilioni di euro del PIL generale pro capite entro il 2050”.

Se l’UE stimolerà la parità di genere in ambiti quali istruzione nelle discipline STEM, partecipazione attiva al mercato del lavoro e retribuzione, le società beneficeranno del pieno potenziale delle donne.

L’eliminazione delle disparità di genere contribuirà a una crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva (in particolare grazie ai nuovi posti di lavoro nei settori STEM occupati dalle donne).

Eliminazione divario di genere: al 2030 tassi di fertilità a +0,8% e occupazione per +2,5 MLN di persone

L’abbattimento del divario di genere a livello di istruzione, partecipazione attiva al mercato del lavoro, equa condivisione delle attività di cura tra donne e uomini, potrebbe causare un aumento dei tassi di fertilità che “[…] aumenterebbero di 0-8 % entro il 2030”.

Tassi di fertilità superiori, implicano, a loro volta, una popolazione più ampia e un aumento dell’occupazione a lungo termine. “[…] Entro il 2050, una maggiore fertilità dovrebbe comportare un aumento dell’occupazione di 2,5 milioni di persone”.

Le correnti proiezioni demografiche dell’UE, stimano un aumento del numero di anziani inattivi nel mercato del lavoro. Un miglior livello di occupazione, ovvierebbe al problema.

Gender gap e competitività: al 2050 esportazioni UE a +1,6/2,3% e importazioni UE a -0,4/0,7%

Gli interventi di contrasto al gender gap favorirebbero un aumento della capacità produttiva dell’economia e una riduzione dei prezzi.

L’UE sarebbe in grado di produrre più prodotti e servizi a livello interno e diventerebbe più competitiva nei mercati internazionali. Si registrerebbero miglioramenti della bilancia commerciale: le esportazioni dell’UE aumenterebbero di una percentuale compresa tra l’1,6 % e il 2,3 % e le importazioni diminuirebbero tra lo 0,4 % e lo 0,7 % nel 2050”.

Il commercio internazionale sarà ancora uno dei motori della crescita dell’UE. Tassi di crescita del PIL più elevati potrebbero favorire ulteriori investimenti privati da parte delle imprese, che investirebbero sulla base dei benefici attesi.

I Paesi che sosterranno la parità di genere registreranno un aumento del PIL a +12% entro il 2050

I Paesi nei quali esiste un notevole margine di miglioramento in termini di parità di genere, possono raggiungere importanti progressi economici. […] In media, una maggiore uguaglianza di genere dovrebbe comportare un aumento del PIL del 12% circa entro il 2050”.

Le realtà in cui si registrano i migliori risultati, hanno già raggiunto virtuosi livelli di uguaglianza di genere e fruiscono già di alcuni dei vantaggi economici associati. Tuttavia, l’avanzamento della parità di genere può generare ulteriori vantaggi economici anche in questi Stati membri, spesso con il raggiungimento di circa il 4% del PIL.

Nell’insieme, gli Stati membri che, al momento, mettono a frutto scarse misure a sfavore della disparità di genere, traggono il massimo vantaggio dal suo disfacimento.

“Le persistenti disparità di genere stanno pregiudicando le opportunità economiche delle donne e si stanno ripercuotendo sull’intera economia dell’UE. […] ciò comporta un deficit in termini di raggiungimento di una crescita inclusiva e sostenibile. L’obiettivo consiste nel riformare le politiche esistenti in materia di congedo e di modalità di lavoro flessibili che incidono negativamente sull’occupazione, sulla retribuzione e sulle pensioni delle donne. È altresì necessario un maggior numero di proposte politiche che riconoscano il potenziale dell’integrazione dell’uguaglianza di genere”.