Cronache

Caso Rai-Dania Mondini: perché non è giusto dare addosso al “petomane”

La giornalista tira in ballo un collega che emette flatulenze, ma non certo per propria volontà: stiamo attenti a non farne un'altra vittima

Aria pesante al Tg1

Il caso di Dania Mondini continua a far discutere, anche perché ogni giorno emergono nuovi elementi. La giornalista del Tg1, in forza alla Rai dal 1995, ha denunciato per stalking i suoi superiori, portando all'apertura di un fascicolo a carico di cinque figure apicali al momento dei fatti, risalenti al 2018: il vicedirettore Filippo Gaudenzi, nonché Marco Betello, Pietro Felice Damosso, Andrea Montanari e Costanza Crescimbeni. Mondini racconta di essere finita più volte in ospedale per fibrillazione atriale, una patologia potenzialmente molto pericolosa e, secondo la ricostruzione dei suoi avvocati, dovuta allo stress causatole dall'essere stata collocata nella stessa stanza di un collega che la stampa ha definito “petomane”, per la sua incapacità di trattenere flatulenze ed eruttazioni. Nei giorni seguenti, si è parlato di altri comportamenti più gravi, sia da parte di Repubblica e Libero, che da parte de Il Corriere della Sera, il quale riferisce di nuove accuse da parte della Mondini.

Quante sciocche battute sulle flatulenze

Rimaniamo, però, alla questione dei peti, che tanta ilarità ha suscitato sia sui social, dove l'ironia spesso travalica il confine del buon gusto, che su testate giornalistiche dalle quali invece ci si potrebbe attendere maggiore rigore. Il caso pare avere molto divertito gli osservatori, che lo hanno paragonato al film di Fantozzi nel quale il geometra Calboni viene imprudentemente messo a capo di una cordata che scala una montagna, salvo poi rimanere colpiti dalla sua ventilatio intestinalis putrens, della quale si vanta pure.

 

Non chiamiamolo “petomane”

Altri hanno accostato questo caso a quello del calciatore Marcelo Antônio Guedes Filho che, come recentemente scritto dal prestigioso quotidiano francese L'Equipe, venne messo fuori squadra dal Lione e poi ceduto al Bordeaux per aver emesso una serie di peti nello spogliatoio. In quel caso, però, la squadra aveva appena perso malamente una partita di campionato e il capitano stava facendo un discorso molto accorato ai compagni, prima di essere interrotto da Marcelo, che pensò bene di buttarla sulla goliardia, ridendo della sua stessa impresa flatulente. Aria pesante anche nello spogliatoio, ma lo scherzo non è affatto piaciuto al direttore sportivo Juninho, che ha deciso che il giocatore non avrebbe mai più rimesso piede in campo con quella maglia. A completare questa trilogia di alti riferimenti culturali è il soprannome di “petomane”, dato all'anonimo dipendente Rai. In questo caso l'evidente rimando è all'omonimo film del 1983, nel quale Ugo Tognazzi interpreta un particolare artista, in grado di emettere a suo piacimento arie non puzzolenti, con le quali riesce a suonare qualsiasi melodia e quindi si esibisce sui palchi più prestigiosi, compreso il mitico Moulin Rouge. Tratta dalla vita reale di Joseph Pujol, la storia viene poi molto romanzata, per rendere più divertenti le vicissitudini del “Paganini del peto”. 

 

 

L'indagine e gli elementi emersi

Il caso denunciato da Dania Mondini è molto diverso da questi. La persona tirata in ballo dalla giornalista non emette flatulenze per fare lo spiritoso, ma perché, secondo quanto si dice in Rai, versa in una condizione medica seria, sulla quale non è opportuno scherzare. Non avendo quindi alcuna colpa in questo specifico addebito, va considerato come una vittima delle circostanze, trovatasi tra l'incudine e il martello di un durissimo scontro tra la tv di Stato e una sua giornalista, che denuncia fatti molto gravi. I suoi avvocati, Ruggero Panzeri e il consulente e procuratore speciale Claudio Loiodice, spiegano all'Adnkronos: "La nostra assistita, resasi conto che le venivano negate promozioni che ad altri invece venivano concesse, sebbene a fronte di minori anni di servizio e ruoli di grado minori, nel 2020 ha chiesto alla Rai l'accesso agli atti per comprendere i metodi di valutazione alla base di questa disparità di trattamento. Si tratta di promozioni fatte nella redazione del Tg1 mattina, alcune davvero strabilianti per velocità di carriera, che riguardavano persone con cui Dania Mondini avrebbe dovuto condividere la stanza al centro dell'attenzione dei quotidiani di oggi. Una stanza con sei postazioni di cui una per il soggetto dai comportamenti incivili di cui non facciamo il nome che aveva gli stessi orari di Dania Mondini, e altri quattro colleghi che, invece, avevano turni a rotazione. La Rai, però, ha negato l'accesso agli atti e noi abbiamo fatto ricorso al Tar, che ci ha dato ragione".

Il conflitto tra Procure e gli sviluppi del caso

La procura di Roma ha chiesto l'archiviazione del caso, sostenendo che non si tratta di stalking, ma che semmai si deve valutare l'ipotesi di mobbing. Su questo, peraltro, si è aperto un notevole conflitto giudiziario, con la procura generale che ha avocato a se' l'inchiesta e ha deciso di proseguire comunque l'indagine sull'ipotesi di reato di stalking. In ogni caso, anche il mobbing è una fattispecie costituita da comportamenti gravi, che nella maggior parte dei casi porta a un risarcimento dei danni in sede civile, ma che talvolta può sfociare nel penale: pur non essendo previsto come reato specifico, spesso vengono configurati reati pesanti come violenza privata, minacce o lesioni, quando l'integrità psicofisica del lavoratore viene danneggiata. Nel racconto di Mondini ci sono anche durissimi rimproveri per errori veniali durante la conduzione del Tg e l'assegnazione di “servizi brevi e banali”. Tutti, però, preferiscono concentrarsi sulla convivenza con il collega in questione, un ordine di servizio al quale la giornalista ha opposto un “rifiuto motivato”.  La vicenda giudiziaria dura ormai da anni e sembra ancora foriera di tanti colpi di scena. Eppure, ci si concentra sul “petomane” - che tale non è – e che ha tutto il diritto di essere lasciato in pace e rimanere anonimo, visto che le norme sulla privacy giustamente impediscono la diffusione di dati sensibili come quelli sulla salute. Evidentemente si preferisce spiare dal buco della serratura, come è tipico del giornalismo, ma ci sono dei limiti che non vanno superati. Quelli del buon gusto sono opinabili, quelli dati dalla normativa invece no. Se poi saranno provati i comportamenti segnalati dagli avvocati della Mondini ovviamente ne risponderà, ma su eventuali usi strumentali della sua condizione clinica, a quanto si dice a Viale Mazzini, l'interessato pare pronto a dare battaglia.

 

 

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