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Chi è Pierbattista Pizzaballa, il candidato per il dopo Bergoglio che non nasconde le sue intenzioni
Il ritratto del cardinale e patriarca di Gerusalemme, tra i candidati per sostituire Papa Francesco

Pizzaballapatriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa
Chi è Pierbattista Pizzaballa
È venuto “dalla nobiltà dei campi” per dirla con un altro bergamasco quale Angelo Giuseppe Roncalli divenuto poi San Giovanni XXIII, ed ha anche un programma molto chiaro: parliamo di Sua Beatitudine (questo è il suo titolo) Pierbattista Pizzaballa da Castel Liteggio (BG): suo padre si chiama Pietro, sua madre Maria Maddalena e già solo i nomi dei genitori sembrano quasi prefigurare un futuro da Papa; certo è che sua madre racconta come nel 1974, ad appena 9 anni (ne ha compiuti 60 il 21 aprile scorso), il piccolo Pierbattista ha sentito fortissima la vocazione sacerdotale e poi ha scelto di entrare nel collegio dei Francescani a Rimini.
Veste il saio nel 1984, emette i voti solenni nel 1989 e il 15 settembre 1990 a Bologna lo consacra sacerdote l’allora Arcivescovo, il cardinale conservatore Giacomo Biffi. Passa poco tempo e dall’ottobre del 1990 vive e studia in Terrasanta (conseguirà il Master all’Università Ebraica di Gerusalemme). Terzo figlio di una famiglia d’origini contadine, il futuro Patriarca di Gerusalemme a metà anni ‘90 è responsabile per la pubblicazione del Messale Romano in lingua ebraica (parla correntemente l’ebraico moderno insieme con l’inglese) e ha tradotto svariati testi liturgici in ebraico per le comunità cattoliche d’Israele. È un fine biblista molto ben preparato, per capirci, uno che sa predicare e annunciare bene il Vangelo.
Il 2004 è l’anno di svolta: padre Pizzaballa viene nominato Custode di Terrasanta, provincia francescana che racchiude buona parte del Medio Oriente e l’isola di Rodi, poi nel 2008 Benedetto XVI lo chiama a essere consultore della Commissione per i rapporti con l’ebraismo presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Finalmente, nel 2020, dopo essere stato indicato anche tra i potenziali successori di Angelo Scola alla guida dell’Arcidiocesi di Milano, Francesco lo nomina Patriarca di Gerusalemme dei Latini da cui si occupa delle anime cattoliche d’Israele, Palestina, Giordania e Cipro. Tra i suoi successi diplomatici la storica visita di Abu Mazen e Shimon Peres in Vaticano l’8 giugno 2014: in quell’occasione Papa Francesco aveva detto, tra l’altro: “Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio, grande forza d’animo”.
L’uomo è simpatico, sorridente ma non è un trascinatore di folle. Il 23 aprile, con una mossa un po’ controversa, ha colloquiato con Nello Del Gatto de La Stampa dicendo la sua sul Conclave dove: “Porterò le istanze della terra che rappresento. Per la Chiesa del futuro, dovremmo vedere come la penserà il nuovo Papa. Sarà molto importante ascoltare le voci dei cardinali da tutto il mondo, per capire e fare una sintesi generale”. Pur mettendo le mani aventi: “Non so che Papa cerchiamo, non abbiamo neanche fatto il funerale, non possiamo parlare del futuro”, sembra però un messaggio come a dire: io sono qua, parliamone. E continua sottolineando i temi bergogliani: “L’attenzione ai poveri e agli ultimi, la pace. (…) Poi è stato sempre per il dialogo con le chiese, le culture, pensiamo ad Abu Dhabi, l’enciclica Fratelli tutti, per esempio”.
Parla di migliorare il dialogo in Terrasanta, e poi elenca le sfide: “L’evangelizzazione, come possiamo testimoniare Cristo in questo mondo, così com’è ora. La domanda non è cosa ma come, visto che il mondo è così diverso: Asia, Africa, Sud America. Il messaggio è sempre lo stesso, ma dobbiamo tradurlo nella realtà rispetto alle culture e alle differenti situazioni, restando uniti”. E sulla Chiesa in Terrasanta: “Sempre stata una Chiesa di minoranza. Non è un dramma. Importante è esserci, essere capaci di dire una parola nel territorio dove viviamo, con molta libertà. Essere piccoli, non avere potere, consente anche di avere una libertà che a volte il potere non ti dà”. Se non è già un programma di un pontificato, ditemelo voi che cos’è.
Pizzaballa frequenta la Fondazione Oasis voluta da Scola a Venezia per il dialogo interreligioso e tra le culture. Conosce gente, è preparato, ha rilasciato un’intervista che potrebbe essere un boomerang (da un lato rischia di bruciarsi, dall’altro è chiaramente un modo per dire: sono disponibile). I toni sono concilianti, in linea col Papato precedente. Può piacere all’ampia maggioranza di cardinali scelti da Francesco, e in più è pure un francescano. Insomma, ha tutte le carte in regola nel caso in cui si puntasse su un pontificato lungo, molto lungo: Giovanni Paolo II venne eletto a 58 anni, con Pizzaballa supereremmo tranquillamente l’Anno Santo 2050. Che ne dite?