Cronache

Cognati uccisi a Sant’Antimo, la sub cultura della prevaricazione a ogni costo

L'opinione di Elisabetta Aldrovandi*

A parte la motivazione del suocero il problema di fondo è quella ricorrente sub cultura che insegna a riparare i torti, veri o presunti, con la violenza

A parte la motivazione in ogni caso assurda e priva di senso (per chi è dotato di un minimo di alfabetizzazione emotiva), il problema di fondo è quella ricorrente e radicata sub cultura che insegna a riparare i torti, veri o presunti, con la violenza. Non esiste, per chi è indottrinato a quella mentalità, il dialogo, il confronto, la possibilità di essersi sbagliati e di cambiare idea. Esiste solo il proprio convincimento e in base a quello ci si sente autorizzati a prevaricare, verbalmente o fisicamente, addirittura a uccidere.

E non conta neanche se quel convincimento ha basi fondate e prove certe, ma ha importanza esclusivamente il se stesso messo al centro di tutto, con le proprie ragioni che soverchiano qualsiasi altra opinione e, soprattutto, qualsiasi altro diritto. Compreso quello di vivere. E compreso lo strascico di sofferenza che i sopravvissuti si porteranno dietro per tutta la vita. Lo stesso egoismo accecante che ha caratterizzato un altro duplice omicidio, quello di Giulia e del suo bambino, che, seppure qualificato come singolo, in realtà ha due vittime, poiché un feto di sette mesi, se partorito, è perfettamente in grado di sopravvivere.