Cronache
Coronavirus, vaccino russo di Putin? Attenti ai rischi di fallimento sanitario
IL VACCINO RUSSO
Il Covid-19, oltre ad avermo provocato fastidi, mi è antipatico. A cominciare dal fatto che se ne parla troppo. In sé, è soltanto la causa di una malattia che, salvo eccezioni, i più prudenti possono evitare. Fosse così il cancro gli darei un bacione. Ammesso che si possa baciare il cancro.
Del Coronavirus ho evitato di parlare per non annoiare gli amici e perché, essendo io incompetente, non ne so più degli altri. Viceversa, la questione del vaccino si presta ad un inquadramento politico-economico che, in buona misura, esula dalla medicina.
Alcuni non lo sanno, ma il primo imperativo di un medicinale non è quello di essere utile ma quello di non far male. Mai. Neanche se è scaduto. E nondimeno, dal momento che in casi rari esso provoca qualche problema, tutti i prodotti sono afflitti da foglietti in cui si enumerano le più impensate ed imprevedibili controindicazioni. Se uno le prendesse sul serio, non manderebbe giù nemmeno un’aspirina. E infatti tutti i medici raccomandano: “Segua le mie indicazioni e lasci perdere il bugiardino”. Che un tempo si chiamava così perché, mentendo per la gola, prometteva mari e monti. Mentre oggi il foglietto meriterebbe di essere chiamato “L’Allarmista”.
Quando una casa farmaceutica scopre un principio attivo da cui può ricavare un medicinale (e dunque una fonte di guadagno) non può limitarsi a produrlo e a mandarlo alle farmacie. Deve ottenere l’autorizzazione delle autorità sanitarie nazionali, e soprattutto, per mesi e per anni, deve effettuare dei test su migliaia di volontari, fino a dimostrare che i vantaggi dell’assunzione sono largamente superiori agli eventuali svantaggi. Credo che questo ultimo passo sia chiamato “fase 3”.
Lo scrupolo è tale che una scienziata italiana (credo si chiami Cassetti, e lavori nell’istituto guidato dal celebre virologo americano Fauci) in un’intervista di un paio di giorno fa, ha rivelato che in America il vaccino è già in produzione, prima ancora di aver completato la fase 3, perché l’impresa è “ragionevolmente certa” che quel vaccino sarà autorizzato. E per questo vuole poter disporre di milioni di dosi già al momento del “via”.
Il principio del vaccino, come lo scoprì Pasteur, è abbastanza semplice. Ma in un mondo in cui la gente ha paura dell’elettrosmog (che non esiste), degli ogm (teoricamente anche dei bassotti e degli alani) e dell’olio di palma (chissà perché) figurarsi se non si pretende che il vaccino sia “sicuro”. Dunque è inutile dire: “Ho scoperto il vaccino”. È un po’ come se, dovendo partire per un viaggio, qualcuno dicesse: “Sono pronto, ho la patente e la benzina”. Mentre è anche necessaria un’automobile.
Ecco perché l’annuncio di Putin suona sospetto in Occidente. Non perché sia impossibile che in Russia dispongano già del principio attivo del vaccino, ché anzi si può essere ragionevolmente sicuri che lo abbiano, come lo hanno anche altri, in particolare l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Il punto è che non si può “saltare” la fase dei controlli su larga scala – cosa che richiede molto tempo - e in Russia sembra si stia facendo proprio questo. Dunque parlare del vaccino come disponibile già oggi sul mercato è una grave imprudenza.
Di questa situazione siamo avvertiti da molto tempo. Ancora in inverno, quando comparve questo virus, si è detto che il vaccino sarebbe stato pronto a fine anno. Non perché si disponesse di particolari poteri divinatori, ma perché è sempre stato così, anno dopo anno. Ci ammaliamo a febbraio, e ci vacciniamo in novembre contro tutti i virus noti fino a febbraio. I produttori non possono vendere prima i vaccini perché se poi quei vaccini provocassero problemi alla salute, l’impresa produttrice potrebbe chiudere i battenti. In un mondo che ha paura dei fantasmi, figurarsi se un medicinale si rivelasse pericoloso. I “no-vax” sono stupidamente contro i vaccini, figurarsi se potesse esserlo “giustificatamente”.
Può darsi che il vaccino russo sia ottimo. Il punto è che Putin e i suoi consiglieri, pur di vincere la gara, hanno dichiarato di essere pronti e non possono esserlo. E se, sfortunatamente, i fatti dovessero dargli torto, pagherebbero cara la loro presunzione. Tanto cara che si pentirebbero amaramente di essere stati superficiali.
Se altri ricercatori e altre imprese non hanno fatto dichiarazioni come quelle di Putin non è perché non potessero, è perché non si sono sentiti di assumersi i rischi di un fallimento sanitario che li squalificherebbe per generazioni. Il mondo non ha ancora dimenticato la biologia di Lysenko che, favorito da Stalin, andò contro la scienza ufficiale (fino a fare imprigionare gli scienziati seri) facendo cattiva figura lui e con lui la Russia Sovietica. Speriamo che questa della superficialità scientifica non sia una malattia endemica.