Cronache
De Benedetti: la "liquidazione dorata" dopo il crac dell'Ambrosiano. L'accusa
Condannato in primo grado, pena ridotta in appello e venne poi assolto in Cassazione. Le vere motivazioni nell'accusa del Giornale
De Benedetti: la "liquidazione dorata" dopo il crac dell'Ambrosiano. L'accusa
Continua la battaglia del Giornale nei confronti dell'ingegner Carlo De Benedetti, reo di aver attaccato Berlusconi, nonostante la sua malattia, la positività al Coronavirus che lo costringe a stare in ospedale. Il quotidiano diretto da Sallusti torna sul crac dell'Ambrosiano rivelando fatti inediti. La sentenza di primo grado per lo scandalo del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
De Benedetti - riporta Il Giornale - sedeva sul banco degli imputati insieme a Licio Gelli e al resto della P2 (Calvi era già stato impiccato a un ponte di Londra), e il tribunale lo condannò a sei anni e quattro mesi concorso in bancarotta, per "l’indebito ingentissimo guadagno lucrato" ai danni dell’Ambrosiano. Il seguito della vicenda è noto: condanna ridotta in appello, e poi annullata dalla Cassazione in base a un curioso ragionamento, secondo cui essendo stato indagato prima per estorsione e poi per bancarotta, De Benedetti non poteva venire condannato per nessuno dei due reati.
Ma i fatti, - prosegue il Giornale - quelli rimangono, mai messi in discussione né in appello né in Cassazione. Li raccontano le 270 pagine dedicate a De Benedetti delle motivazioni della sentenza di primo grado, scritte dal giudice Pietro Gamacchio. Dentro, ci sono prologo ed epilogo dei tre mesi cruciali della vicenda: tra il 16 novembre 1981, quando la Cir (la holding dell’Ingegnere) compra un milione di azioni del Banco e De Benedetti ne diventa vicepresidente, e la fine del gennaio successivo, quando se ne va con una "liquidazione dorata" (testuale nella sentenza).
Gli vengono ricomprate tutte le azioni, - riporta il Giornale - anche quelle che non ha mai pagato, insieme al prezzo d’acquisto gli vengono versati gli interessi, e la banca si impegna a vendere al suo posto 32 miliardi di azioni di una finanziaria. Un salasso, per i conti dell’Ambrosiano prossimo al collasso.