Dell'Utri, no della Cassazione alla liberazione anticipata. Le motivazioni
No alla liberazione anticipata speciale per Marcello Dell'Utri. Lo ha deciso la prima sezione penale della Cassazione
Dell'Utri: Cassazione, no a liberazione anticipata speciale
No alla liberazione anticipata speciale per Marcello Dell'Utri. Lo ha deciso la prima sezione penale della Cassazione, rigettando il ricorso presentato dai difensori dell'ex senatore di Forza Italia, condannato in via definitiva a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Con il ricorso, Dell'Utri impugnava il 'no' del tribunale di sorveglianza di Bologna alla sua istanza, avanzata nel 2015 quando era detenuto nel carcere di Parma, di poter godere, in riferimento al periodo di pena espiato tra il 12 aprile 2014 (quando fu arrestato in un albergo di Beirut) e il 12 aprile 2015, del beneficio introdotto con un decreto legge del 2013 come misura emergenziale per far fronte al sovraffollamento carcerario, che permetteva - per un lasso di tempo limitato - ai condannati di usufruire di una detrazione maggiore di pena rispetto a quella prevista dalla liberazione anticipata ordinaria, ossia 75 giorni di 'sconto' ogni semestre di pena, anziche' 45 giorni.
"Contributo volontario alla mafia"
La Suprema Corte, con una sentenza depositata oggi, ha condiviso la conclusione del tribunale di sorveglianza secondo cui il beneficio della liberazione anticipata speciale non puo' essere applicato ai condannati per concorso esterno in associazione mafiosa, ritenendo tale reato "incluso nel catalogo dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario" che comprende le fattispecie di "particolare gravita'". La Cassazione ricorda il "costante orientamento della giurisprudenza di legittimita'" secondo cui la "fattispecie di 'concorso' esterno' in associazione di tipo mafioso non costituisce un istituto di creazione giurisprudenziale", ma e' conseguenza della "generale funzione incriminatrice" dell'articolo 110 del codice penale, inerente la "pena per coloro che concorrono nel reato", che "trova applicazione - osservano i giudici di piazza Cavour - al predetto reato associativo qualora un soggetto, pur non stabilmente inserito nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisce alla stessa un contributo volontario, consapevole, concreto e specifico che si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione".