Cronache
Energia, non c’è solo il gas russo. Ora arriva la crisi libica. E la Nato...
Energia, non solo il fronte russo. In Libia si stanno verificando blocchi nei principali giacimenti e terminali di esportazione. Bande organizzate...
La guerra in Ucraina e il mancato controllo del prezzo dell’energia non è nell’interesse europeo
Non bisogna arrendersi alla prepotenza ma all’intelligenza. "Vogliamo evitare una drammatica crisi economica”, ha spiegato ancora oggi il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, respingendo l’immediato embargo sul gas russo, “la perdita di milioni di posti di lavoro e fabbriche che non riaprirebbero mai più”. E ancora: “Non vedo affatto che un embargo sul gas porrebbe fine alla guerra. Se Putin fosse stato suscettibile ad argomentazioni economiche non avrebbe mai iniziato questa folle guerra".
Ma il taglio del ramo su cui si è seduti sta diventando lo sport delle magnifiche sorti e progressive dei gruppi dirigenti europei, italiani e Draghi in prima fila. Così dopo la brillante gestione del Covid, l’accorata attenzione agli 8 anni di crimini nelle aree russofone dell’Ucraina e il grido d’allarme per il colpo di Stato USA del 2014 a Kiev ora c’è la gestione dell’energia che noi abbiamo deciso di legare all’oscillazione dei prezzi della Borsa di Amsterdam.
Lo sanno bene gli investitori di settore che in queste ore puntano sull'ulteriore crescita del prezzo del gas e dell'energia. I cittadini europei e gli italiani in particolare non possono che essere sempre più preoccupati. E’ probabile che la volatilità del mercato riprenda presto, visto che l'UE un giorno sì e l’altro pure ne alimenta la crescita mostrando la propria incapacità di regolare i mercati e rilanciando l’embargo al petrolio russo.
Energia, la crisi libica, 600.000 barili persi al giorno
Ma sono due i fronti ai quali guardano gli investitori: la riduzione dell'offerta di gas proveniente dalla Russia e la riduzione del gas dalla Libia. Due spazi, il conflitto in Ucraina e il caso libico, in cui le potenze dominanti occidentali (USA, Regno Unito e Francia) hanno giocato un ruolo determinante.
In Libia, che è un membro dell'OPEC (l'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) e dove sono le più grandi riserve di tutta l’Africa, da giorni si stanno verificando blocchi nei principali giacimenti e terminali di esportazione. Bande organizzate esercitano pressioni sui lavoratori del giacimento petrolifero di Al-Sharara e sugli altri.
Sono 600.000 i barili persi al giorno, metà della produzione giornaliera della Libia. C'è una crisi politica in atto. Gli acquirenti hanno reagito malamente alle continue interruzioni in Libia. Sono enormi i problemi politici nel Paese dopo l’uccisione di Muʿammar Gheddafi. 9.700 attacchi aerei della Nato, con gli USA, Regno Unito e Francia ad appoggiare le cosiddette “Primavere Arabe” e i ribelli al regime, hanno scaraventato il Paese nella guerra civile. Chi non ricorda gli “esportatori di democrazia”, che esultavano alla morte di Gheddafi.
Washington, Londra e Parigi bombardarono Bengasi, Misurata e altre città libiche (uccidendo centinaia di civili, gli stessi che la risoluzione ONU imponeva di difendere) e così facendo limitarono la presenza delle imprese italiane (i rapporti consolidati con la ex colonia Libia) a vantaggio delle imprese degli USA, di Regno Unito e Francia. Un capolavoro di strategia che spiega come funziona questa Nato a trazione dei più forti e che per le loro mire egemoniche ha ricacciato circa 7 milioni di persone (gli abitanti della Libia) nel caos della guerra tra bande. Molto meglio della dittatura di Gheddafi.
Da allora le installazioni petrolifere libiche sono spesso attaccate o bloccate dai gruppi armati che dominano.
La Libia ha due esecutivi rivali. L'ultima situazione di stallo contrappone il governo ad interim del primo ministro Abdulhamid Dbeibah a quello dell'ex ministro degli interni Fathi Bashagha, scelto dal parlamento. I gruppi che bloccano gli impianti petroliferi chiedono “un'equa distribuzione” delle entrate e il trasferimento del potere all’ex ministro Bashagha. Le entrate petrolifere sono vitali per l'economia del Paese ma in questo momento il caos continua così come il conflitto tra vari padroni.
Energia, evoluzione della crisi
Il Petrolio Brent ha guadagnato quasi l'8% negli ultimi sette giorni di negoziazione. In più le scorte statunitensi di combustibili distillati sono vicine ai minimi da 14 anni, ha affermato mercoledì il Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti. Tra le opzioni in campo si potrebbe prevedere l’intervento della Federal Reserve che aumentando i tassi di interesse statunitensi potrebbe fermare la crescita, riducendo la domanda di prodotti energetici. Ma il quadro resta instabile e pericoloso.
L’uscita dalla pandemia continua a giocare un ruolo essenziale nello scenario mondiale. Anche perché se la Cina, il più grande importatore di petrolio del mondo, allenta ulteriormente le restrizioni, fa ripartire la produzione e compra il gas russo che non arriverebbe più in Europa, una parte del gas che prima arrivava in Cina da Turkmenistan e il Kazakistan potrebbe liberarsi per l’Europa, contratti permettendo. Sempre che la Cina, fatto non improbabile, non aumenti sensibilmente le sue richieste di energia.