Cronache
Ergastolo ostativo, ecco i boss che sperano: da Graviano al figlio di Riina
Fine pena mai, nessun automatismo: i giudici decidono caso per caso. I boss che sperano: Graviano, Bagarella, Giovanni Riina, Francesco Schiavone, Zagaria
Ergastolo ostativo, la Corte di Strasburgo chiede all'Italia di riformare la legge, ecco i boss che sperano
Dopo il respingimento della Corte europea dei diritti dell'uomo al ricorso dell'Italia sull'ergastolo ostativo e l’invito al Parlamento a riformare la legge che impedisce al condannato di usufruire di benefici sulla pena se non collabora con la giustizia, le polemiche sono state vibranti. Soprattutto da parte di chi la mafia la combatte e l’ha combattuta sulla propria pelle. Nella sentenza si afferma che c'è stata una "violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea". La Corte ha ricordato che “la dignità umana è alla base del sistema della Convenzione. Non si può privare una persona della sua libertà senza lavorare allo stesso tempo per la sua riabilitazione e senza fornirgli una possibilità di recuperare un giorno quella libertà".
Da qui, la convinzione dei giudici che l'ergastolo inflitto a Marcello Viola "abbia ristretto eccessivamente le sue prospettive di rilascio e la possibilità di revisione della sua sentenza". Marcello Viola è il pluriergastolano ’ndranghetista che ha presentato ricorso alla Corte di Strasburgo dopo essersi visto negare i permessi-premio e la liberazione condizionale, sempre negati in passato. La Corte ha comunque specificato che "gli Stati firmatari della Convenzione godono di un ampio margine di discrezionalità nel decidere la durata adeguata delle sentenze in carcere” – e aggiunge che – “Non è necessaria la liberazione del condannato se continua a costituire un rischio per la società".
Fine pena mai, gli ergastolani al 4 bis sono 1.106
In Italia gli ergastolani definitivi ‘puri’ (cioè quelli condannati all’ergastolo su cui non pende alcun altro giudizio definitivo) sono 1.633: di questi, 1.106 sono ergastolani ‘ostativi’, ai sensi dell’articolo 4bis dell’ordinamento penitenziario. Sono dati aggiornati ad oggi del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. Dei 1.633 ergastolani definitivi, 773 sono in carcere da oltre 20 anni e 454 da oltre 25 anni; dei 1.106 ergastolani ostativi, 628 sono in carcere da oltre 20 anni e 375 da oltre 25 anni. Gli ergastolani definitivi con l’associazione di tipo mafioso sono 944, quelli ai quali è applicato anche il 41 bis sono 101 in carcere da oltre 20 anni e 55 in carcere da oltre 25 anni. Ad oggi, i detenuti nelle carceri italiane sono 60.894, di cui 36.903 'definitivi'.
Da Graviano alla Lioce: i reclusi a vita che possono sperare. Ora tocca alla Consulta
Oltre al già citato Viola, gli altri condannati che si sono rivolti alla Corte europea, circa 20, potranno fare altrettanto in attesa che i giudici europei decidano di applicare anche a loro i principi sanciti con la sentenza ribadita ieri. Le richieste di misure alternative al ‘fine pena mai’ ora potrebbero aumentare, sono almeno 1.106 i detenuti potenzialmente interessati (su un totale di 1.633 ergastolani definitivi). Come scrive il CorSera, in gran parte sono stati condannati per associazione mafiosa; gli altri per omicidi o sequestri di persona aggravati da favoreggiamento dalla mafia, terrorismo, tratta di esseri umani, traffico di droga, pedopornografia e altri reati gravi. Nomi noti e meno noti: dal boss Leoluca Bagarella a Giovanni Riina, da Francesco “Sandokan” Schiavone a Michele Zagaria, da Graviano alla neobrigatista Nadia. Ma a prescindere dalla Corte europea e da ciò che sceglieranno di fare governo e Parlamento, ad avere un effetto diretto sulla legislazione italiana sarà la decisione che dovrà prendere la Corte costituzionale dopo l’udienza del prossimo 22 ottobre.
Ergastolo ostativo, Gratteri: sentenza devastante, buttiamo 150 anni di antimafia
La sentenza dei giudici di Strasburgo che invita l'Italia a modificare l'ergastolo ostativo introduce "un principio devastante" che "cancellerebbe 150 anni di legislazione antimafia" e nessun mafioso avrebbe più la convenienza a collaborare con la giustizia. E' il grido d'allarme che il procuratore capo a Catanzaro, Nicola Gratteri, esprime in un'intervista al Fatto Quotidiano. "I mafiosi tireranno un bel sospiro di sollievo - commenta il magistrato - è passata l'idea che puoi commettere qualunque crimine, anche il più abietto, poi alla fine esci di galera". Tutto ciò avrebbe conseguenze non solo in Italia ma anche nel resto d' Europa dove "le nostre mafie vendono coca e comprano tutto ciò che è in vendita , di solito senza sparare, così nessuno avverte pericolo. E le istituzioni europee, molto attente al piano bancario e monetario, politicamente e giudiziariamente non esistono. E noi - si chiede - Gratteri - quali codici antimafia dovremmo applicare? Quelli della Lettonia o della Scandinavia?". Gratteri osserva che "se ora, dopo questa sentenza, venisse modificata la norma italiana del carcere ostativo e anche i mafiosi irriducibili potessero ottenere permessi e altri benefici, l'aspettativa o la speranza di tornare a casa, anche per qualche giorno, e soprattutto di morire nel proprio letto, senza dire una parola, perchè mai dovrebbero collaborare?". Infine, conclude il magistrato, "chi oggi è all'ergastolo ostativo e al 41 bis, messo inevitabilmente da parte perchè condannato a restare in cella a vita, aumenterà a dismisura la propria influenza e tornerà al centro dell'attenzione della sua cosca, visto che in futuro uscirà".
Ergastolo ostativo, Maria Falcone: si azzerano anni lotta ai boss
Maria Falcone,in un'intervista a 'La Stampa' si dice preoccupata per la decisione della Corte europea sull'ergastolo ostativo: "significa azzerara anni di lotta i boss". La sorella del giudice ucciso con la moglie e la scorta nel 1992 a Capaci sottolinea come "le norme dell'ordinamento italiano ora messe in discussione furono introdotte dopo le stragi di Capaci e Via D'Amelio, un momento tragico per un Paese che ha dovuto fare i conti con una criminalità organizzata che ha caratteristiche di unicità, rispetto alle organizzazioni criminali estere. In nessun altro Stato d'Europa tanti uomini delle istituzioni hanno pagato con la vita il loro impegno contro le mafie e noi, in Sicilia e non solo, abbiamo vissuto anni di vera e propria guerra». Niente ergastolo ostativo, "significa vanificare la ratio, la finalità della nostra legge. L'automatismo previsto dall'ergastolo ostativo, il subordinare la concessione dei benefici solo a chi recide i legami con i clan e dà un contributo reale al lavoro degli inquirenti, deriva dalla natura peculiare della criminalità organizzata, una particolarità che abbiamo imparato a conoscere in anni di violenze, morti, terrore e sopraffazione». «L'ergastolo ostativo, come tutta la normativa premiale per i cosiddetti pentiti, sono serviti a scardinare un'organizzazione che si era considerata granitica e contro la quale si può agire solo attraverso conoscenze "dall'interno". Per questo il legislatore ha dato una chance a chi passa dalla parte dello Stato o a chi quanto meno sia realmente intenzionato a recidere i legami con il clan». «Alla politica tutta - continua - rivolgo un appello, perché si trovi una soluzione che non vanifichi anni di lotta alla mafia e che sappia contemperare i diritti con la sicurezza dei cittadini. Un automatismo al contrario, che passi attraverso una equiparazione degli ergastolani mafiosi agli altri condannati al carcere a vita, sarebbe pericoloso». Prossimo step, il 41 bis? «È altrettanto pericoloso concedere premialità che possano vanificare gli effetti del carcere duro, altra misura nata dopo le stragi del '92, che ha consentito di spezzare i legami tra boss detenuti e clan. Far accedere i mafiosi che scontano l'ergastolo al 41 bis ai benefici carcerari significherebbe azzerare anni di lotta alla mafia, tornare indietro".
Ergastolo ostativo, Tartaglia: senza carcere duro meno pentiti
Roberto Tartaglia, intervistato da 'Repubblica' lancia l'allarme: “Senza carcere duro avremo meno pentiti”. «A seguire alla lettera la decisione della Cedu si rischia di tornare a prima di Falcone», dice l'ex pm a Palermo, nel pool del processo trattativa Stato- mafia, oggi consulente della commissione Antimafia, in pole per succedere al posto di Raffaele Cantone alla presidenza dell’Anac. «Oggi non possiamo permetterci di rinunciare a quelle norme e di avviare un processo di sgretolamento del regime del “doppio binario”, cioè la disciplina differenziata per soggetti che, come gli affiliati mafiosi, appartengono a un circuito criminale che, sul piano sociologico, criminologico e culturale, è obiettivamente e innegabilmente differente da tutti gli altri contesti malavitosi». «Non si può negare - aggiunge - che questa disciplina “differenziata” per i mafiosi, soprattutto sul versante carcerario, ha contribuito a dare un grande sostegno allo strumento preziosissimo delle collaborazioni con la giustizia, senza il quale, piaccia o non piaccia, l’azione repressiva, e talora anche quella preventiva, in materia antimafia non potrebbe certamente essere più la stessa». Per il magistrato, "la sentenza sembra difficilmente superabile e rischia di far proliferare il numero dei ricorsi di detenuti mafiosi oggi all’ergastolo. L’unica strada è attingere all’eccellente cultura giuridica che per tradizione l’Italia detiene. Occorre prestare molta attenzione a tutte le pronunce che la Consulta ha emesso nel corso degli anni per rendere compatibile il “doppio binario” con i fondamentali principi della Costituzione sull’uguaglianza e la finalità rieducativa della pena». «Stiamo parlando di principi della cultura liberale italiana che sappiamo benissimo come maneggiare e come bilanciare con l’esigenza, davvero ineliminabile, di un’azione antimafia efficace e incisiva». E' già accaduto, sottolinea, "per esempio quando la Corte è intervenuta sulla presunzione assoluta della custodia cautelare in carcere per i mafiosi, trasformandola in una presunzione relativa: e cioè il carcere rimane la regola per i mafiosi, ma è possibile, in presenza di circostanze specifiche ben documentate e provate, sostituirlo in alcuni casi con una misura meno afflittiva». "Al mafioso che non collabora non si possono concedere i benefici penitenziari, ma si può derogare nei casi specifici e rigorosi in cui il giudice ritenga di poter escludere la pericolosità sociale del detenuto anche in assenza di collaborazione».
Mafia: vedova Schifani, giudici distanti, fine pena è per familiari
"Ma che mondo è? Praticamente l'Europa informa che hanno abolito il vero ergastolo, l'unico vero deterrente per frenare la violenza dei mafiosi". Lo afferma in un'intervista al Corriere della Sera Rosaria Schifani, vedova di uno dei tre agenti morti con Giovanni Falcone a Capaci, commentando la sentenza dei giudici di Strasburgo che invita l'Italia a modificare l'ergastolo ostativo. "Meglio chiamarlo il vero ergastolo - osserva - come non capiscono i giudici della Corte europea. Perchè le altre condanne a vita sono una finzione. L'ergastolo ostativo ce lo portiamo noi addosso. Noi familiari di vittime innocenti. Mentre i nostri morti per Strasburgo non hanno valore". Schifani denuncia che "il vero ergastolo non c'è più. Non commetti altri reati in carcere, mostri un atteggiamento remissivo, dai qualche informazione ed ecco la pena scendere a vent'anni o anche meno. La morte di una persona vale venti anni? Ma almeno in questi casi qualcosa devi confessare o rivelare. Adesso - osserva - si rischia di eliminare il 'fine pena mai' pure per chi non offre notizie, per chi non si pente, per chi non chiede perdono. Un modo per garantire permessi premio e misure alternative a tutti".