Cronache
Frode permessi di soggiorno Reggio Emilia. Ex messo comunale prendeva mazzette
La “Città del Tricolore” al centro dell’inchiesta sui falsi permessi di soggiorno. L’intreccio tra un ex dipendente del Comune e un pakistano
Reggio Emilia e il modello della buona integrazione che nasconde anche...
Gli immigrati sono talmente tanti e così visibili in zona stazione, quando scendi dal treno a Reggio Emilia che pensi di non essere nella “Città del Tricolore”. Forse fino a ieri questa era solo una suggestione visiva. Ma ora si scopre, da un indagine della Procura della Repubblica, che coinvolge 39 indagati e un ex dipendente del Comune di Reggio, prima arrestato e poi finito ai domiciliari, che in zona stazione ci sarebbe stato un giro di false residenze per agevolare l’ottenimento o il rinnovo del permesso di soggiorno. Gli stranieri si rendevano poi irreperibili subito dopo aver ottenuto la residenza. L’inchiesta coordinata dal procuratore capo Calogero Gaetano Paci ha visto sequestrare due unità immobiliari e una cifra superiore ai 2000 euro in contanti. Una vicenda quindi che non riguarda il singolo ma una dinamica collettiva, estesa ed organizzata che in parte ha cambiato il volto di un’area.
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"Assoluto disprezzo per i doveri istituzionali", ha scritto il Gip Dario De Luca, sulla posizione dell’ex dipendente comunale, "determinazione preordinata ad approfittare di tali funzioni, nonché dell’assenza di controlli effettivi, e ad abusare della propria posizione per dedicare il tempo lavorativo, e anche l’auto assegnata per esclusivi scopi di ufficio, a soddisfare esigenze proprie". L’attività investigativa degli inquirenti sarebbe durata ben due anni nei quali sono emersi contatti dell’ex dipendente con un cittadino di origini pakistane. Questi, secondo gli inquirenti, muoveva a sua volta i suoi di contatti, per creare i fittizi permessi di soggiorno. Così in cambio di ingenti somme di denaro dagli stranieri l’immigrato pakistano otteneva per loro il rinnovo o il rilascio del permesso, accelerando i tempi delle residenze fittizie, grazie alla mano dell’ex dipendente comunale.
“Che proprio il Comune di Reggio Emilia sbandierato dal PD come modello di buona integrazione scoppi un caso di mazzette a un dipendente comunale per rilasciare false residenze fa ben capire come il modello della Sinistra ha fallito”, ha spiegato ad Affaritaliani il deputato di Fratelli d’Italia eletto a Reggio Emilia Gianluca Vinci. Il parlamentare aggiunge: “L’integrazione può passare solo dal rispetto di tutte le leggi italiane, ingresso legale, lavoro regolare, residenza regolare e non da scorciatoie illegali o interpretazioni faziose delle norme”.
Gli agenti della polizia locale, dopo un lavoro certosino, hanno accertato che tutte le pratiche sospette erano riconducibili ad accertamenti anagrafici effettuati sempre dallo stesso messo dipendente comunale incaricato del servizio. Questo li ha messi sulla pista con pedinamenti e accertamenti di rito, svelando l’arcano. L’ex dipendente comunale è accusato di corruzione, peculato, falso in atto pubblico e traffico di influenze illecite. Le stesse misure non sono state eseguire nei confronti del cittadino pakistano perché nel frattempo per cause naturali è deceduto. Ma il sistema sarebbe solo la punta dell’iceberg. Con queste parole è intervenuto il Gip: "Anche se gli episodi di corruzione sono comprovati in termini numericamente esigui, essendo emersi solo grazie alla collaborazione con gli inquirenti di un interprete, tuttavia è ragionevole ipotizzare che siano solo la punta di un iceberg".