Cronache
I predicatori di pace che predicano male vanno all’Inferno prima degli altri
Dalle sardine, ai grillini arrivando a Rula Jebreal, i loro peccati contano di più.
Partiamo un po’ da lontano ma lentamente arriviamo al cuore del problema.
Se tale Achille Lauro insulta sui social l’Arma dei Carabinieri defininendoli ‘falliti e frustrati’ quando fanno il loro dovere offende non solo l’Arma ma tutti gli italiani. Insieme alla figura del Presidente l’Arma è ancora un brand altamente attrattivo e rispettato, in Italia e nel mondo. Però tale Achille Lauro non è un predicatore, né un seminatore di pace e fraternità, è uno tanti cantanti rapper che magari, dalle nostre parti avrà il suo momento di notorietà per il Festival di Sanremo, ma finisce lì. Di quanto detto sui Carabinieri risponderà a chi gliene chiederà ragione.
I predicatori di 'peace and love' non possono sbagliare
Mentre invece se la lunga catena di predicatori di ‘peace and love’ dei giorni nostri cade nell’errore, ecco questo per loro non rappresenta un qualcosa di veniale ma un vero e proprio peccato mortale.
Se i grillini, predicatori di onestà, inciampano sui soldi da ritornare per cause meritorie, se solo immaginassero di cancellare la regola del doppio mandato e poi stop, o se si mostrassero troppo ‘elastici’ come fece l’ex Ministro Trenta sulla propria casa, ecco questi errori sarebbero considerati mortali e puniti, pure dalla Bibbia, col fuoco eterno.
Se le sardine, movimento che diffonde gli alti principi della non violenza, diventassero, anche in una percentuale non maggioritaria, diffusori di violenza pesante contro i nemici dichiarati, da Giorgia Meloni a Matteo Salvini, anche a loro toccherebbe la stessa sorte ‘bollente’.
E veniamo al punto.
Parliamo di Rula Jebreal, predicatrice a favore delle donne e contro la violenza alle stesse. Consigliera di Emmanuelle Macron con un lungo e ottimo curriculum e una doppia cittadinanza italo-israeliana.
I predicatori di 'peace and love 'non possono sbagliare
Discusso il suo arrivo al Festival ma chiuso da un sentita lunga predica contro la violenza, soprattutto sulle donne.
Ed allora dove starebbe il problema? Peccato che anche lei sia caduta su una violenza, non analoga, ma sempre violenza. Letteralmente ‘Bodyshaming’ vergogna per il proprio corpo. Perché ha postato una foto nientedimeno che di Donald Trump con i capelli biondi al vento e con la scritta ‘Il Presidente degli Stati Uniti'. Una foto che ridicolizza l’uomo non per i suoi atti ma per il suo aspetto.
E’ questa violenza? Certo violenza contro l’uomo Trump e violenza pure contro la donna che lo ha sposato e gli ha dato dei figli non pensando certo al suo capello biondo. E pure verso i suoi figli.
E immaginiamo come si possano essere sentiti tutti quegli americani che lo hanno votato, lo voteranno perché quel Presidente che li sta guidando li ha portati ad avere un’economia forte come mai è stata e un peso internazionale formidabile.
Certo non è la prima volta che i media giocano con qualche foto ma da una predicatrice della non violenza non ce lo si aspetterebbe.
Ma che avrebbe detto la collega Jebreal se qualche opinion leader, italiano, americano o altro, avesse postato una foto del Presidente Palestinese, Abu Mazen, in qualche posa scomposta atta a ridicolizzare il suo aspetto e non le sue azioni? Come minimo in Palestina avrebbero bruciato le bandiere del paese che ha dato i natali al colpevole di tanto scempio. Ed allora la signora Jebreal dovrebbe sapere che la persona che ha preso in giro, così gratuitamente per il suo aspetto fisico, siede lecitamente sulla poltrona del Paese più potente al mondo. E quest’uomo, ripreso in modo così ridicolo, rappresenta bene o male ( a dire la verità più bene che male ) 300 milioni di americani.
Noi, il sottoscritto in primis, e pure Lei al confronto siamo abbastanza ben poca cosa. Critichiamo chi vogliamo ma facciamolo con carte alla mano e non perchè alto, basso, magro o grasso. Se fosse stato donna avrebbe ricevuto lo stesso trattamento?
Da noi si dice gioiosamente ‘gioca coi fanti, ma lascia stare i santi’.