Cronache
Istat, Italia: bassa scolarizzazione,Covid,disuguaglianze. Picco decessi:+188%
L'Italia presenta livelli di scolarizzazione tra i più bassi dell'Unione europea, purtroppo anche con riferimento alle classi d'età più giovani nonostante negli anni la diffusione dell'istruzione sia considerevolmente cresciuta. Lo rileva il Rapporto annuale ISTAT da cui emerge che nel 2019, nell'Ue27 (senza il Regno Unito), il 78,4% degli adulti tra i 25 e i 64 anni possedeva almeno un diploma secondario superiore.
In Italia, l'incidenza è del 62,1%, di oltre 16 punti inferiore. A confronto con la stessa coorte nel 2004, nel nostro Paese si è registrata una crescita di circa 13,5 punti percentuali, che riflette la fuoriuscita dal perimetro d'osservazione delle generazioni più anziane e, insieme, il progresso continuo della scolarizzazione in quelle più giovani.
Questo, tuttavia, evidenzia l'ISTAT, non basta a colmare il distacco con gli altri paesi dell'Unione: in Italia hanno almeno un diploma quasi i tre quarti dei giovani tra i 30 e i 34 anni (+11 punti percentuali rispetto al 2009), ma nell'Ue27 la media è dell'84%.
Il divario è maggiore, e crescente, se si considerano i 30-34enni con titoli universitari, pari al 27,6% nel nostro paese (ultimo nell'Unione insieme alla Bulgaria), contro il 40,3% per l'Ue27; inoltre, l'aumento nell'ultimo decennio è stato, rispettivamente, di 8,6 e 9,2 punti percentuali. Livelli e andamenti sono molto diversi sul territorio e, (come nel resto d'Europa), per genere.
I laureati superano il 30% dei giovani tra i 30 e i 34 anni in Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e nella provincia di Trento.
Un’altra rilevazione segnalata dal rapporto riguarda il fatto che la pandemia da Covid-19 si è innestata su una situazione sociale caratterizzata da "forti e crescenti disuguaglianze". La classe sociale di origine "influisce ancora in misura rilevante sulle opportunità degli individui nonostante il livello di ereditarietà si sia progressivamente ridotto. Per la generazione più giovane però è anche diminuita la probabilità di ascesa sociale" sottolinea l'ISTAT.
Sul fronte del mercato del lavoro la fotografia al 2019 indica crescita di diseguaglianze territoriali, generazionali e per titolo di studio rispetto al 2008. Quelle di genere sono diminuite in termini di quantità di occupati ma aumentate sotto il profilo della qualità del lavoro
Coronavirus, Istat: picco decessi a marzo e in Lombardia
Una delle conseguenze "più drammatiche dell'epidemia è l'incremento complessivo della mortalità". "I decessi totali subiscono un rapido e drammatico incremento nel mese di marzo (+48,6% rispetto alla media 2015-2019) arrivando a 80.623 (26.350 in più in valore assoluto). Nel mese di aprile i deceduti per il complesso delle cause sono 64.693, ancora superiori di un terzo alla media del 2015-2019 (+16.283)".
L'Istituto segnala che "l'incremento più marcato dei decessi nel mese di marzo è stato registrato in Lombardia (+188% rispetto alla media nello stesso mese del periodo 2015-2019); seguono l'Emilia-Romagna, con un aumento del 71%, il Trentino Alto-Adige (+69,5%) e la Valle d'Aosta (+60,9%)". "A livello locale i decessi nel mese di marzo 2020 aumentano di quasi 6 volte nella provincia di Bergamo (+571%), di circa 4 volte nelle province di Cremona (+401%) e Lodi (+377%), triplicano o quasi a Brescia (+292%) e Piacenza (+271%), sono più che raddoppiati a Parma (+209%), Lecco (+184%), Pavia (+136%), Pesaro e Urbino (+125%) e Mantova (+123%)".