Cronache

“L’emoji col pollice in su? Può valere come firma”. Intervista all'esperto

di Eleonora Perego

Affari ha interpellato Micael Montinari, avvocato esperto nei settori Digital, Media & Technology, per capire come sta evolvendo il mondo dei contratti

Come può l'utente comune "proteggersi" da manifestazioni di volontà non pienamente consapevoli?

L’utilizzo spesso inconsapevole delle emoji, dei simboli, è chiaramente un fatto a cui si deve prestare maggiore attenzione. E lo devono fare soprattutto coloro che utilizzano spesso sistemi di messaggistica anche per parlare di lavoro: mi riferisco soprattutto ai contratti B2B (business to business, ndr), per i quali sicuramente la forma di protezione migliore consiste nell'utilizzo di altri strumenti per impegnarsi in contratti che possono essere anche onerosi

La comunicazione via Whatsapp, per esempio, è molto veloce e comoda, e costituisce un valido canale di comunicazione con partner commerciali, ma è anche vero che induce meno alla verifica e alla riflessione, e non è pari ad altri canali istituzionali. Un'altra forma di tutela, che però dipende alla sensibilità e alla competenza dei singoli attori coinvolti, sta nello specificare sempre via Whatsapp che al "pollice in su" seguiranno in altra sede riflessioni e precisazioni alla volontà espressa in sintesi con l'emoji.