Cronache
Lavoratori, oltre 1 su 10 vive in povertà: e i numeri sono in crescita
La povertà è il risultato di un processo che va ben oltre il salario: riguarda i tempi di lavoro, nella settimana e nell'anno, e la composizione familiare"
Ministero, in Italia l'11,8% dei lavoratori si trova in situazione di povertà
Avere un lavoro non basta per non essere poveri: in Italia infatti più di un lavoratore su dieci si trova in situazione di povertà e circa un quarto ha una retribuzione individuale bassa. Un fenomeno che risulta più marcato anche nella comparazione con gli altri stati europei fatta da Eurostat: nel 2019 l'11,8% dei lavoratori italiani era povero, contro una media Ue del 9,2%.
A smentire il luogo comune che vorrebbe la povertà legata alla mancanza di un lavoro è la Commissione sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia del ministero del Lavoro che oggi ha presentato il suo Rapporto conclusivo 2021.
La povertà infatti, si legge, "è il risultato di un processo che va ben oltre il salario e che riguarda i tempi di lavoro, quante ore a settimana e quante settimane in un anno; la composizione familiare, e in particolare quante persone percepiscono un reddito all'interno del nucleo; e il ruolo redistributivo giocato dallo Stato". Per questo le categorie più a rischio sono i lavoratori occupati solo pochi mesi all'anno, o a a tempo parziale o ancora i lavoratori autonomi, monoreddito e con figli a carico.
E' per questa sua natura, dunque, spiegano ancora gli economisti della task force, che la povertà lavorativa necessita di una strategia complessa che preveda la contemporanea messa a terra di una molteplicità di strumenti con cui sostenere i redditi individuali, aumentare il numero di percettori di reddito, e assicurare un sistema redistributivo ben mirato.
Povertà lavorativa, le 5 proposte per combatterla
5 le proposte elaborate per un pacchetto da rendere operativo contestualmente in ogni sua parte. Si parte dalla garanzia di un salario minimo adeguato, rafforzandone la vigilanza documentale, per passare all'introduzione di forme di sostegno al lavoro, il cd 'in-work benefit, e al'incentivazione del rispetto del contratto da parte delle aziende aumentando la consapevolezza e l'informazione tra gli stessi lavoratori oltre che a promuovere una revisione dell'indicatore Ue di povertà lavorativa.
Si torna dunque a parlare di salario minimo. Ma alla proposta sperimentale della Commissione, di limitarlo ad un numero limitato di settori in crisi , si associa anche un'altra proposta: quella di creare un sostegno economico che integri i redditi dei lavoratori poveri, il c.d 'in-work benefit' con cui aiutare chi si trova in difficoltà economiche incentivando il lavoro regolare. Uno strumento, si legge, con cui di fatto, assorbire gli 80 euro, ora bonus dipendenti, e la disoccupazione parziale per arrivare ad uno strumento unico , di facile accesso e coerente con il Rdc e il nuovo Assegno unico
Tutti gli interventi disegnati dalla commissione avranno comunque bisogno di una contemporaneità operativa perché , si legge, "nessuna proposta presa in isolamento è risolutiva" e se non combinate con altre potrebbero rischiare di essere inefficaci (come un salario minimo senza controlli più stringenti) o addirittura dannose (un in-work benefit senza minimi salariali adeguati e rispettati).
Una strategia, però, prosegue il dossier, che dovrà affrontare "anche le debolezze macroeconomiche e di politica industriale, le politiche per il lavoro (politiche attive, regolazione lavoro atipico, contrattazione) e gli investimenti in istruzione e formazione con l'obiettivo di aumentare quantità e qualità del lavoro nel nostro Paese".