Cronache
Metropol, finto scoop de L'Espresso. Gli intrighi tra massoneria e politica
Spunta la loggia nel paese di origine del boss Messina Denaro: Castelvetrano. L'avvocato Meranda e il ruolo di agente provocatore per inguaiare Salvini
Metropol, il registratore acceso per indebolire la Lega: il piano
Continua la contro inchiesta sul caso Metropol relativa al finto scoop de L'Espresso e alla rete costruita per mettere in difficoltà la Lega di Salvini e fargli perdere consensi elettorali. Il nuovo capitolo di questa intricata vicenda - si legge su La Verità - svela come sia stato possibile che un avvocato cosentino sull'orlo del fallimento, con il registratore acceso in tasca, abbia potuto sedersi al tavolo di uno degli alberghi più esclusivi di Mosca. Emerge così un quadro allarmante, un cocktail di interessi che si intreccia tra massoneria e politica e che porta fino a Castelvetrano (Trapani), terra d'origine e rifugio dell'ex latitante Messina Denaro, si è scoperta infatti una loggia proprio nel paese del boss di Cosa nostra.
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Nel falso scoop de l'Espresso - prosegue La Verità - un ruolo centrale lo ricopre Gianluca Meranda, per anni considerato uno dei mariuoli che trattava finanziamenti illeciti per la Lega e che adesso, si è scoperto che più che per il Carroccio lavorava per L'Espresso, indossando i panni dell'infiltrato o, peggio, dell'agente provocatore. Ebbene quell'avvocato a quel consesso era giunto per rovinare il Carroccio, con l'iPhone in modalità recording. E ci era arrivato in modo un po' estemporaneo, grazie alle sue frequentazioni massoniche e ai suoi ganci con la politica, ma non quella di matrice leghista bensì quella d'area Pd. Il suo appoggio, secondo le ricostruzioni fatte dagli inquirenti, sarebbe stato l'ex deputato dem Khalid Chaouki, che oltre ad essere il presidente del Centro islamico d'Italia, si dedicava anche ai riti massonici e ai commerci con la banda del Metropol.