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Cronache
Michela Murgia, rispetto per la morte ma senza onori delle armi e ipocrisia
Michela Murgia e la sua famiglia queer: "Io, Claudia e Raphael...". Foto Facebook

E per molti di noi Michela Murgia era una summa di tic detestabili, almeno nella sua immagine pubblica: faziosità miope se non cieca, ideologizzazione pure della pasta e ceci, fanatismo di parrocchia, asservimento modaiolesco di formulicchie e stilemini ipertriti d'oltreoceano, abuso di anglicismi in assenza di ponderosa e soprattutto ponderata conoscenza di lingua e cultura anglosassone, furori d'antifascismi da corteo di studenti medi già risibili in un brufolante studente medio, figuriamoci dopo i trenta/quarant'anni, crociatine buffoline ma sgradevoli sull'uso, per altro sciocco in stampa ma fin esilarante nella esecuzione fonetica, della soluzione più scema all'assente problema del superamento del "siore e siori" (validissimo, mirabile dictu, dal mercato rionale alla presentazione al Teatro scaligero), voltagabbanate perfino giunte in politica, appoggi dichiarati a personaggi da operetta, amici importanti quanto imbarazzanti ed imbarazzati, tra cui molti invariabilmente più miracolati che meritevoli, tonitruanti gaffe anche in seguito difese a spada tratta, sense of humor da oratorio (per non citare la matrice giustamente un tempo deprecata pure da canzoni di Zucchero Fornaciari), allucinazioni visive da saluti romani rinvenuti ovunque, pure nella pasta e fagioli (anche esse probabilmente di arcaica natura cattolica, come quelle pie donne di matroneo che vedon Gesù piangente nei cirri), femminismi fuori tempo massimo e tagliati a fettone iniziali sacrosanti impulsi laburisti ed antiliberisti persisi poi a tempo record nel marasma delle più asfissianti false flag (e qui l'anglicismo ci vuole) della vulgata più fessa del pianeta, quella LGBTPRSHJFGQQTTPPTTTZGFZ, e qui ci si fermi proprio per la carità di Patria.

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