Cronache
Omicidio Yara,ergastolo a Bossetti. Lui impassibile: "Non è giusto"
Massimo Bossetti, il 45enne accusato dell'assassinio di Yara Gambirasio, è stato condannato alla pena dell'ergastolo
A 5 anni e mezzo dalla scomparsa di Yara Gambirasio, arriva il primo punto fermo sulla morte della 13enne, sparita da Brembate di Sopra il 26 novembre 2010. I giudici della Corte d’Assise di Bergamo hanno condannato Massimo Giuseppe Bossetti all’ergastolo e gli hanno tolto la potestà genitoriale. Assolto, invece, dall’accusa di aver calunniato l’ex compagno di lavoro Massimo Maggioni, che aveva indicato agli investigatori come possibile colpevole. Per questo la corte presieduta da Antonella Bertoja non ha inflitto a Bossetti anche sei mesi di isolamento diurno, come invece aveva chiesto il pm Letizia Ruggeri.
Il muratore di Mapello, inoltre, dovrà risarcire con 400 mila euro a testa la mamma e il papà di Yara e dovrà versare 150 mila euro ad ogni fratello della 13enne, per un totale di 1,2 miioni di euro.
Bossetti rimasto impassibile alla lettura del verdetto e solo con gli avvocati, Claudio Salvagni e Paolo Camporini si è sfogato, dicendo che il verdetto “non è giusto”. La moglie Marita Comi e la sorella gemella Laura si sono abbracciate e si sono messe a piangere fuori dall’aula.
Sollievo, invece, lo hano provato i genitori della 13enne. “Ora sappiamo chi ha ucciso Yara, anche se siamo consapevoli che non ce la riporterà indietro nessuno", ha detto la mamma Maura ai suoi avvocati Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta. "E’ andata come doveva andare – ha anno aggiunto i genitori, raggiunti al telefono dai legali - ma questa è e resta una tragedia per tutti che non ci restituisce nostra figlia".
Le indagini sono state fin da subito complicate ma decisiva, come ha spiegato anche il procuratore di Bergamo massimo Meroni, è stata la prova del Dna. La svolta è arrivata nel giugno del 2014, con l’arresto di Bossetti nel cantiere in cui stava lavorando. A “incastrarlo” è stata la sua traccia genetica trovata sugli slip e sui leggings della 13enne, in corrispondenza con un taglio inferto dall’assassino alla ragazzina. Il Dna è stata trovato l’8 aprile 2011, un mese dopo il ritrovamento del corpo di Yara in un campo nella zona industriale di Chignolo d’Isola, a pochi metri dall’ingresso della discoteca “Sabbie Mobili”. Gli investigatori lo valutano subito un elemento importante e lo hanno catalogato come Ignoto 1. Solo il 16 giugno 2014 - dopo aver raccolto 18mila profili genetici nella zona e individuato il padre del presunto killer, l’autista di autobus Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999, e la madre, Ester Arzufi - viene trovata la corrispondenza con Massimo Bossetti. Proprio quella traccia è stata il punto centrale della battaglia ingaggiata in aula da accusa e difesa nel corso delle 45 udienze del processo, durato un anno.
Per il pm Letizia Ruggeri, il Dna è l’elemento chiave che identifica Bossetti come l’assassino. Anche gli avvocati di parte civile Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta l’hanno definita una “prova storica, inossidabile, inconfutabile” e “pesante come un macigno”.
I difensori di Bossetti, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, invece, hanno contestato l’utilizzabilità del Dna prelevato nel corso di un accertamento irripetibile, sottolineando il fatto di non aver potuto partecipare all’analisi dei vestiti della vittima, eseguite quando Bossetti non era ancora indagato.
Anche il muratore di Mapello questa mattina, nel corso delle dichiarazioni spontanee rilasciate prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, ha “supplicato” i giudici di analizzare di nuovo la traccia genetica. “Ho sempre detto che è impossibile che il Dna sia il mio, non solo perché non l’ho uccisa ma perché non l’ho mai nemmeno conosciuta – ha detto - È stato un errore”. “Se fossi l’assassino – ha aggiunto – sarei un pazzo a chiedere di ripetere l’esame”. I suoi legali, però, non hanno mai chiesto nel corso del dibattimento di rifare l’analisi. Lo hanno fatto solo in sede di udienza preliminare davanti al gup, che ha respinto l’istanza.
Bossetti anche questa mattina aveva tentato di gridare la sua innocenza. "Sarò uno stupido, sarò un cretino, sarò un ignorantone ma non sono un assassino”, ha detto. “Se mi condannerete sarà il più grave errore del secolo, anche se accetterò il verdetto, qualunque esso sia, perché pronunciato in assoluta buona fede".