Cronache

Pasta antifascista, da simbolo di caduta del regime a caso politico. Il punto

a cura di Redazione

Succede a Rosà, nel vicentino, dove la sindaca non ha concesso l'autorizzazione all'evento. Ma il Pd, e il Movimento Italia Sociale, insorgono. Cosa è successo

La consigliera regionale dem, Chiara Luisetto, ha accusato così la sindaca di Rosà: “Coprendosi dietro motivazioni a dir poco assurde, ha negato gli spazi per tenere la ‘Pastasciutta antifascista’, manifestazione di pace che celebra la caduta del regime. Una scelta che è di censura nei confronti di chi vuole giustamente coltivare il ricordo di quel 25 luglio del 1943. Una data che, al pari del 25 aprile, segna una svolta storica, sulla strada che condusse all’Italia repubblicana. Quel generoso gesto della famiglia Cervi che offrì 380 chili di pasta al burro a tutto il paese di Campegine per festeggiare la caduta fascista, va rinnovato. Perché è emblema di una volontà: tenere alta la difesa della libertà e della democrazia”.

Luisetto evidenzia che sostenere, come fa la sindaca, “che questa manifestazione può essere ‘richiamo di disordini e di problemi di sicurezza e ordine pubblico’ è inaccettabile. L’Anpi, in ogni occasione sostiene e testimonia concretamente i valori della pace, tanto nelle manifestazioni quanto attraverso le prese di posizione a difesa della Costituzione che da sempre porta avanti. Soprattutto in questo tempo, segnato dalla guerra in Ucraina, una guerra in Europa, che ci ricorda l’importanza di riaffermare i valori propugnati dall’antifascismo. La decisione della sindaca è senza giustificazioni e fuori dalla storia. Una pura strumentalizzazione politica”.