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Cronache
Vannacci e politically correct, “fascismo autobiografia di questa nazione"
Generale Vannacci e Pietro Gobetti

Sgarbi non può diventare il paladino del pensiero libero ma quando ricorda che “l’architettura fascista” è stata tra le migliori del secolo, perché il regime aveva una visione, non sempre, ma almeno ha fatto qualcosa per articolare, per esprimere un’identità, ha ragione e questo vale in tutte le arti. Altro pensiero pericoloso: i migranti, intesi come indifferenziata invasione (parola razzista), da ammassare in luoghi che ricordano le prigioni di provenienza, ma  per alcuni è una forma di dignità, e se si spostano in cento nella “sinistrissima e affaristissima” Emilia, allora sono guai sociali.

Pare che i sensi di colpa svaniscano nel momento in cui si descrivono azioni eroiche, e posizioni allineate, convenienti, nessuno ha il diritto di dire che l’hotspot è la declinazione contemporanea del tappeto dove nascondere “la polvere dell’umanità”. Poi c’è l’ultimo tema della violenza quotidiana, dovuta a fatti trasversali e sicuramente non ascrivibili ad etnie altro incubo razzista (leggi alla voce Cerno, direttore dell’Identità che ha finalmente affermato che “tutti” gli albanesi sono ladri), ma di fatto l’indulgenza di cui parla il Generalissimo, è evidente e condivisa, qui l’occidente europeo ha sentito fortemente la necessità di esprimere un buonismo becero, che nasce dalla sua antichissima storia di violenze, di colonialismi, di sottomissioni.

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