Cronache
Rai Storia di Paolo Mieli parla solo di nazifascismo. Poco spazio per il resto
Paolo Mieli e la storia solo dal 1922 al 1945.
Rai Storia è un programma tematico di Rai 3 nato nel 2009 e che presenta indubbiamente tratti di interesse scientifico e di grande coinvolgimento emotivo.
Il fatto strano è però che Rai Storia, come dice il titolo, si dovrebbe occupare di “Storia”, ma di tutta la Storia e non solo di fascismo, nazismo e Shoah.
Puntate indubbiamente interessanti, ma sempre più ripetitive e martellanti su questo unico argomento, tanto che si dovrebbe forse più correttamente chiamare, “Rai Resistenza Continua”.
Sul sito Rai si legge:
“Passato e Presente è il nuovo programma di Rai Storia che raccoglie il testimone delle quattro edizioni di “Il tempo e la Storia”, andate in onda sul canale tematico e su Rai 3 a partire dal 2013”.
E poi ancora:
“ll programma, si propone di raccontare i grandi e piccoli eventi e i personaggi che hanno segnato la storia del mondo, per fornire strumenti di conoscenza del tempo in cui viviamo. A condurlo lo storico e giornalista Paolo Mieli”.
Paolo Mieli, di origini ebraiche da parte di padre, ha un passato molto importante: è stato due volte direttore del Corriere della Sera, dal 1992 al 1997 e dal 2004 al 2009; è stato direttore de La Stampa dal 1990 al 1992, per una settimana direttore Rai dal 7 al 13 marzo 2003 e da ultimo Presidente della RCS Libri.
La sua influenza sulla cultura storica italiana è stata ed è pervasiva. Allievo di Renzo De Felice con una tesi su Roberto Bottai e la sinistra fascista.
Il suo giornalismo segna un vero modus operandi, tanto che il suo collega Filippo Ceccarelli conia il termine “mielismo” poi accolto nella Treccani:
“Inconfondibile miscela di spirito alto e materia bassa; attenzione a tutto quanto è televisivamente popolare e popolarmente televisivo; suggestioni perlopiù antiretoriche, non di rado articolate attraverso disseminazioni di dubbi su mitologie consolidate; apparente leggerezza; allegra e spavalda disponibilità al gossip (vulgo: “pettegolezzo”), quindi al divertente, all’eclettico, al frammentario; visione conflittuale della realtà, con conseguente sottolineatura di ‘casi’, ‘polemiche’, ‘duelli’ e, quando possibile, spargimento di polpettine di zizzania destinate soprattutto a uomini politici e intellettuali che si prendono troppo sul serio; culto del dettaglio, ancora, talvolta tirato fino all’estremo limite, e cioè ben oltre la vicenda in cui esso dettaglio s’inscriverebbe”.
Mieli nel ’69 milita in Potere Operaio e nella sinistra extraparlamentare su posizioni estremiste, ma negli anni diviene sempre più moderato ed infine moderatissimo.
Il padre Renato era nato in una famiglia di religione ebraica e si era laureato in fisica a Pavia nel 1935 e fu il primo direttore dell’Ansa; militante comunista rifugiato in Francia durante il fascismo si arruola ad Alessandria d’Egitto nell’esercito inglese e sbarca in Italia. dopo la guerra è Direttore dell’edizione milanese L’Unità ed entra nel Pci che abbandona dopo i fatti d’Ungheria.
Della storia dei Mieli e della loro rilevante influenza culturale sull’opinione pubblica ne parla diffusamente il libro Il golpe inglese di Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella (Chiarelettere, 2011) in cui sono contenute anche suggestive ipotesi sul loro possibile ruolo politico.
Ad esempio, a pag. 190 si legge: “Quando gli angloamericani arrivano a Napoli, nel 1944, l’uomo del Pwb (ndr: Psychological warfare branch) l’ufficio per la propaganda e la guerra psicologica dei servizi alleati, è il “colonnello Merryl”, Renato Mieli. È lui che, nell’Italia liberata dal nazifascismo. Concede i permessi e assegna la carta per la pubblicazione dei primi giornali”.
Dicevamo di Rai Storia.
Paolo Mieli ha di fatto monopolizzato la trasmissione non solo con la sua presenza fisica, ma come dicevo, con argomenti che vertono quasi esclusivamente sugli avvenimenti che vanno dal 1922 al 1945, quindi sono concentrati unicamente sulle vicende che riguardano il fascismo, il nazismo e la persecuzione ebraica.
Temi importanti che occorre indubbiamente conoscere affinché questo passato non si ripresenti più.
La qualità documentale è ottima, lo stile felpato e rassicurante di Mieli gradevole (e per questo, in un certo senso, ancor più “pericoloso”), ma c’è da chiedersi se questa pervicace insistenza tematica su fatti passati non sia parte di una sorta di più ampio progetto non solo culturale (e per questo meritevole) ma più politico e mirato ad una sorta di condizionamento psicologico indiretto, ma continuo e reiterato del pubblico a cui si instilla, giorno dopo giorno, puntata dopo puntata, filmato dopo filmato una sola prospettiva storica senza un valido contradditorio, ancor più importante in questi tempi di campagna elettorale.