Cronache
Salvatore Borsellino: “Creiamo un giardino dove venne ucciso mio fratello”
Il fratello del magistrato ad Affaritaliani: “Lo chiedo agli italiani. Creiamo un giardino dove c’è stato l’inferno in terra”
La campagna per trasformare il luogo dell’eccidio di Borsellino e della scorta in un giardino per la pace, il ricordo, la meditazione e la preghiera
Quell’albero dovrebbe essere sacro, è invece circondato dalla sciatteria, tra automobili parcheggiate anche in modo selvaggio e passanti che circolano indifferenti. L’Italia è tutta qua, in quadri simbolici come questo che le istituzioni dedicano a chi ha sacrificato la vita per la giustizia. Chi resta sembra non sapere, non conoscere, non vedere. Eppure.
Nel cratere dell’esplosione di via D’Amelio a Palermo, dove il 19 luglio 1992 vennero trucidati Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta, Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo, Walter, Maria Pia Lepanto, madre del magistrato, fece piantare un ulivo fatto venire appositamente da Betlemme, perché quel luogo diventasse un simbolo di pace e speranza piuttosto che di violenza e morte. “Non vado mai al cimitero quando scendo a Palermo”, racconta Salvatore Borsellino ad Affaritaliani, “vado lì e toccando un ramo di quell’alberto mi sembra di sfiorare un braccio di mio fratello, provo questa sensazione”.
I corpi smembrati e carbonizzati di quella piazza sconvolsero l’immaginario di più generazioni ma oggi sono solo un ricordo passivo.
“Ogni mattina mi torna in mente quel 19 luglio”, racconta Salvatore, “e quel divieto di sosta che allora non c’era e che oggi è come se non ci fosse perché continua a non essere rispettato”.
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