Cronache

Segre-Seymandi, chi tradisce non ha per forza sempre torto. Ma non parliamo di femminicidio mediatico

Di Elisabetta Aldrovandi *

Massimo Segre e Cristina Seymandi, l'analisi di Elisabetta Aldovrandi. "La parte intrigante è capire perché..."

Al punto che il tradito, generosamente, le fa il dono più bello: la libertà di amare e di stare con chi vuole, anche in quel viaggio a Mykonos già prenotato (e pagato, ovviamente da lui, particolare ben sottolineato), che avrebbero dovuto fare insieme. Lei ascolta attonita, letteralmente “frizzata” da una valanga di parole che la travolgono e la lasciano senza respiro. Dopo di che, terminato il suo discorso, in parte letto e in parte recitato, il “cornuto”, come si auto definisce, lascia tutto e tutti nel silenzio più torbido, consapevole di aver distrutto, quella sera, più di una vita. Ma probabilmente disinteressato alla sequela di conseguenze che con effetto domino si riverberanno sulla vita di vittime inconsapevoli, come i figli e le mogli di questi amanti.

Ciò che più interessa, in questa storia, non è decidere da che parte stare, perché come spesso accade nella vita, il colore giusto non è né il bianco né il nero, ma il grigio.

La parte intrigante è capire perché si decide di vendicare pubblicamente un’onta che solitamente si preferisce mantenere privata. Che cosa spinge una persona a mettere in piazza ciò che, per il sentire comune, è fonte di vergogna e auto commiserazione. La trasformazione di un “difetto”, ossia quello di non saper soddisfare la propria donna, in una sofferenza da condividere, l’ammissione implicita e pubblica di una fragilità che si trasforma in forza (o prepotenza) rovesciando ogni responsabilità sulla fedifraga. Perché chi tradisce ha sempre torto, a prescindere. O forse no.