Cronache
Siri e la corruzione. Conferme dal "re dell'eolico" Nicastri
Il "re dell’eolico" collabora coi pm: le prove della tangente di Arata
Nuovi guai per Armando Siri, che proprio ieri è riapparso per la prima volta da quando ha dato le dimissioni nell'incontro coi sindacati al Viminale. Dal "boss dell’energia eolica" sospettato di mafia, Vito Nicastri, sono arrivati "elementi utili" a sostenere l’accusa di corruzione contro il senatore ex sottosegretario leghista e l’imprenditore Paolo Arata, che di Nicastri è considerato socio occulto.
Dalla sua cella Nicastri ha cominciato a collaborare, prima con la Procura di Palermo e ora con quella di Roma — titolare dell’inchiesta su Siri — che l’ha interrogato l’8 luglio, insieme al figlio Manlio, anche lui in prigione. Come scrive Il Corriere della Sera, i riscontri hanno convinto il procuratore Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi a chiedere un incidente probatorio: in pratica un’anticipazione di processo, con la ripetizione degli interrogatori a Vincenzo e Manlio Nicastri, ma davanti al giudice dell’indagine preliminare e degli avvocati difensori. Ne verrà fuori una prova per un eventuale dibattimento, senza bisogno di repliche in tribunale.
L’intenzione dei pubblici ministeri è quella di "cristallizzare" dichiarazioni che confermerebbero il quadro accusatorio. I pm ritengono di aver imboccato la pista giusta, contestando a Siri il reato di corruzione per avere "ricevuto indebitamente la promessa e/o dazione di 30.000 euro da parte di Arata". Una tangente in cambio dell’"asservimento ad interessi privati" dell’allora sottosegretario al ministro delle Infrastrutture, il quale si sarebbe dato da fare "proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti l’inserimento in provvedimenti normativi" di "emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il cosiddetto 'minieolico'".