Stato-Mafia, l’ex pm Ingroia: “Il Quirinale inviò Ezio Mauro per mediare”
Le rivelazioni dell'ex pubblico ministero Antonio Ingroia sulle indagini del processo sulla Trattativa tra lo Stato-Mafia
L’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro fu inviato dal Quirinale a Palermo per tentare una sorta di ‘composizione’ del conflitto con la Procura del capoluogo siciliano prima che venisse sollevato formalmente il conflitto di interessi tra organi dello Stato. Lo rivela l’ex pubblico ministero Antonio Ingroia nel suo nuovo libro Le Trattative uscito con Imprimatur e scritto a quattro mani con Pietro Orsatti. Ingroia prudentemente sostiene di non sapere se Napolitano avesse autorizzato quella mossa.
Siamo intorno all’ottobre del 2012, la Procura palermitana è alle prese con l’inchiesta sulla Trattativa tra lo Stato-Mafia (recentemente si è concluso il primo grado del processo con pesanti condanne) quando si ritrova sul tavolo intercettazioni delle telefonate dell’imputato (l’unico assolto) Nicola Mancino, svolte legittimamente, nelle quali erano state registrate del tutto casualmente conversazioni fatte anche con l’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.
Intercettazioni che la Procura intende usare e che il Quirinale non vuole che siano usate. Ne nasce un contrasto altissimo che scioglierà la Consulta dando ragione al Colle. Prima che la questione diventasse ufficialmente un affare di Stato, racconta oggi per la prima volta Ingroia, il Quirinale provò a cercare una mediazione che la Procura non rifiutò affatto, spiegando di non essere interessata in alcun modo allo scontro e essere disponibile nel rispetto assoluto delle regole – in base alle quali le intercettazioni non potevano essere distrutte immediatamente, come poi avvenne dopo la pronuncia della Consulta, ma dovevano essere comunque depositate, percorso che non le avrebbe protette da un assoluto riserbo, anche se Ingroia garantì il rispetto del segreto investigativo. Che non se ne fece nulla è noto, ma il punto è che la mediazione si perse nel nulla.
Mauro parlò con Napolitano, racconta Ingroia, si individuarono tre possibili nomi per la trattativa ‘tecnica’ (il ministro Anna Finocchiaro, il magistrato Luca Palamara o l’avvocato Paola Severino). Ingroia e i suoi collaboratori scelsero Anna Finocchiaro ma il canale delle trattative si spense subito: perché? Forse la faccenda presentava rischi altissimi, comunque "qualcuno fece il doppio gioco e nel frattempo il Colle procedette come un bulldozer rivolgendosi alla Corte istituzionale"