Cronache
"Stavo chattando col killer di Carol". Il giornalista che ha risolto il caso
Parla Andrea Tortelli: "Otto di quei tatuaggi erano identici ai suoi. Ma non potevo uscire allo scoperto, si temeva fosse un serial killer"
Omicidio Carol Maltesi: "Lei non rispondeva, chattavo con l'assassino"
L'omicidio di Carol Maltesi non ha ancora un colpevole assicurato alla giustizia, per il presunto killer Davide Fontana, non si è ancora arrivati a sentenza, perché è in corso una perizia psichiatrica sull'uomo. La sua versione resta quella di un gesto non premeditato e tanti sono i "non so perché l'ho fatto, volevo suicidarmi. Non ho premeditato nulla". Così ha parlato in aula, durante il processo in cui è imputato per omicidio volontario, distruzione di cadavere e occultamento. Ma a distanza di due anni dalla tragica vicenda, emerge tutta la verità su come i carabinieri sono riusciti a chiudere il caso. Il merito - si legge sul Corriere della Sera - non è degli inquirenti, ma di un giornalista. "Aggiornavo le notizie - racconta Andrea Tortelli di Brescia news al Corriere della Sera - quando mi hanno scritto. Un lettore ha recuperato un’intervista dell’attrice hard Carol Maltesi, nota sul web come Charlotte Angie. Dice di aver notato una somiglianza tra i tatuaggi della pornostar 26enne e quelli sul corpo della donna fatto a pezzi e ritrovato una settimana prima dentro alcuni sacchi a Paline di Borno, in Valcamonica, il caso non era ancora stato risolto".
"Così - prosegue Tortelli al Corriere - ho deciso di approfondire. E degli undici tatuaggi descritti dai carabinieri, otto coincidevano con quelli della “diva del web”. Allora ho recuperato il numero e le ho scritto. Ma il cellulare era spento. Ho lasciato dei messaggi. Tutto taceva. Fino a quando, nel tardo pomeriggio, è arrivata una risposta. Così ho chiesto conferma dell’identità all’interlocutore. Di nuovo il silenzio. Lì ho capito: era chiaro non fosse Carol a rispondere. Ma qualcun altro, rivelatosi Davide Fontana, l’assassino. Se avessi pubblicato tutto quello che avevo, sarei stato il primo a dare la notizia. A tutti, nessuno escluso, tra cui i familiari della ragazza e inoltre si temeva fosse un serial killer. Non volevo intralciare la giustizia. Così ho scritto un articolo volutamente vago e mi sono rivolto ai carabinieri". Un anno dopo, il giornalista risolutore dell’omicidio ha riordinato quei giorni «folli» in un libro. S’intitola "Sulla tua pelle".