Culture
Giornate Fai, appello dei lavoratori: “No volontari, assumete professionisti”
“Con l'avallo del ministero passa il messaggio che l’uso del volontariato e la privatizzazione dei beni culturali siano modelli vincenti da perseguire”
Giornate Fai di primavera, abuso del volontariato e privatizzazione del servizio pubblico: l’intervista di Affari a Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali
Sabato 26 e domenica 27 marzo tornano le Giornate di primavera del Fai. L’annuncio è stato dato da tutte le principali testate di informazione (Affari ne ha parlato qui), ma c’è chi ha chiesto di poter offrire un contraddittorio per “mostrare anche l’altro lato della medaglia rispetto alla narrazione dell’iniziativa offerta dallo stesso Fai”: si tratta di Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali.
Nato nel 2015 come collettivo e diventato associazione nel 2018, Mi riconosci? si occupa della tutela e della visibilità dei lavoratori del settore culturale e di attività di divulgazione (con manifestazioni, convegni e la pubblicazione nel 2021 del libro Oltre la grande bellezza).
Affaritaliani.it ha intervistato Eleonora Fossi e Federica Pasini, due esponenti rispettivamente della delegazione emiliana e friulana di Mi riconosci?, per approfondire la questione.
Nei giorni scorsi Mi riconosci? ha pubblicato sui propri social un appello “alla corretta informazione sulle giornate di primavera del Fai”. Perché?
F. È un appello che abbiamo già fatto in passato in occasione della sponsorizzazione e promozione di questo evento da parte delle tv e delle radio pubbliche, per dare un contraddittorio e far vedere anche l’altro lato della medaglia delle giornate Fai. Perché molti di questi beni culturali che il Fai apre o dice di aprire, in realtà, sono già aperti tutto l’anno. L’unica narrazione che abbiamo è totalmente acritica e promuove e sponsorizza la cura del patrimonio da parte di un ente privato che attraverso la narrazione dei media viene percepito come servizio pubblico, cosa che non è, perché è un’associazione privata, anche se promossa dal ministero.
Non possiamo accettare passivamente solo una versione, acritica, di questo racconto: il Fai spaccia queste giornate come gli eventi più importanti dell'anno per i beni culturali e ci dà un’idea sbagliata: è fatto passare come un servizio pubblico ma non è altro che un ente privato che dispone di questi beni a proprio piacimento.
Ovvero? Come funziona?
F. Molti beni sono di sua proprietà, ma alcuni sono luoghi pubblici già aperti tutto l’anno, come alcuni musei civici, in cui il Fai organizza in queste giornate delle visite guidate per raccogliere fondi. Ma solo l’1% del bilancio del Fai è investito per restaurare beni pubblici.
Per queste visite guidate non c’è un biglietto da pagare, ma un contributo libero che parte da 3 euro e che diventa obbligatorio per poter accedere alla prenotazione online. Il ministero della Cultura glielo lascia fare e gli presta il museo o il luogo in cui organizzare l’evento. Non succede con nessun’altra associazione. E la strettissima relazione tra Fai ed enti pubblici continua tutto l’anno: per esempio il 15 marzo è scaduto il bando ministeriale con cui ogni regione poteva segnalare un comune in abbandono o spopolato da riqualificare. A fine maggio verranno presentati al pubblico questi borghi, che accederanno ai fondi del Pnrr, 20 milioni di euro ciascuno, e a organizzare questi eventi ci sarà il Fai.
Ma perché il ministero non impiega professionisti dei beni culturali, guide turistiche, storici, che stanno anche vivendo un momento di crisi e di stallo dopo due anni di stop dovuto alla pandemia? Così passa il messaggio che l’uso del volontariato e la privatizzazione dei beni culturali siano modelli vincenti da perseguire.
L'impiego del volontariato è un altro punto su cui siete molto critici.
E. Il Fai ha iniziato a proporre queste giornate dal 1993, pochi mesi dopo l’emanazione della legge Ronchey che legalizzava il volontariato nei musei. Infatti le visite del Fai sono guidate da volontari o apprendisti Ciceroni, cioè i ragazzi dell’alternanza scuola-lavoro, quindi entrambi non retribuiti. Ma in luoghi di particolare rilevanza storica e culturale sarebbe più opportuno avere delle guide professioniste.
F. Il problema non è l'uso del volontariato ma il suo abuso, che poi genera un profitto che va a finanziare un ente privato. Inoltre questo meccanismo promuove l’idea che valorizzare il patrimonio non sia una professione da pagare ma quasi un hobby, e crea un pretesto per sfruttare chi questo lavoro lo fa anche in altri contesti, non solo nel privato ma anche nel pubblico, il quale poi perde credibilità.
E. Senza contare che anche il ministero stesso al suo interno soffre di una grave carenza di personale: il 50% almeno dell’organico ministeriale manca, nel senso che pensionamenti e altre uscite non sono stati sostituiti, non si stanno bandendo concorsi e si tappa qualche buco a singhiozzo qua e là. Spesso con contratti precari e sottoqualificati.
Vi siete confrontati direttamente col ministero su questo tema?
E. Nel settembre 2021 siamo riusciti a parlare con l’allora capo di gabinetto, Lorenzo Casini (che ora è il presidente della Lega Calcio), di queste problematiche e altre, come l’esternalizzazione dei servizi, ma non è stato chiaro, ha detto che avrebbe vagliato la situazione ma poi non se n’è fatto più niente.
A novembre siamo stati convocati per un tavolo di discussione proprio sul volontariato che si è svolto online con la Direzione generale musei e diverse associazioni di categoria, e abbiamo discusso su tutte queste criticità. Mi riconosci? aveva anche presentato una proposta di legge sulla regolamentazione del volontariato proprio per evitarne l’abuso, che però poi è caduta nel vuoto.
Con il Fai avete avuto modo di affrontare la questione direttamente?
E. Nel 2018 una delegazione di Mi riconosci? ha parlato con il presidente del Fai che si è detto intenzionato a collaborare per cercare di rendere il contradditorio più aperto, avere più opportunità di confronto con noi, ma poi sostanzialmente non è cambiato nulla. Anzi, l’anno scorso il Fai ha pubblicato un post sui social per cercare volontari per le Giornate di autunno: è stato molto criticato e poi cancellato senza dare giustificazioni.
Ma la vostra richiesta al Fai qual è?
F. Assumere professionisti al posto dei volontari, che al massimo potrebbero affiancarli. Sarebbe l’unico compromesso accettabile per noi. Il Fai ha 250 dipendenti, che per la mole di beni culturali che possiede sono davvero pochi anche perché si occupano per lo più di amministrazione e management. Mentre i volontari sono circa 7500. Il confronto parla chiaro.
E. Posso riportare l’esempio di una ragazza laureata in scienze del turismo culturale che lavorava per il Fai con contratto precario e tra le tante cose che le facevano fare c’era anche la formazione dei volontari.
Insomma, vogliamo lanciare un appello al Fai: basta sfruttare volontari, assumete professionisti dei beni culturali. Ma in verità l’appello va anche al ministero, perché se pure il Fai assumesse con contratti stabili dei professionisti, resterebbe comunque un ente privato che gestisce beni pubblici, promosso da quel ministero che dovrebbe invece essere il primo a curare il patrimonio pubblico senza spingere per la privatizzazione.
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