Culture

Luci sul fratello sfigato di Bob Dylan. Lo straordinario folk dei Coen

di Lorenzo Lamperti

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"Tu adori il talento, beh che succede a quelli di noi che non sanno creare? Che facciamo? Che faccio io? Quando sono sopraffatta dai sentimenti per esprimerli? Come li tiro fuori?" La Joey di Interiors di Woody Allen si faceva tutte queste domande. Llewyn Davis potrebbe aggiungerne una: "Come faccio a far fruttare il mio talento?". Gira tutto intorno all'imponderabile incastro tra talento, denaro e fortuna il nuovo film dei fratelli Coen. Ispirato al cantante folk Dave Van Ronk, "A proposito di Davis" ("Inside Llewyn Davis") riesce a far respirare, o immaginare, l'atmosfera del Greenwich Village del 1961, vitale e ispirato ma ancora privo del successo che gli porterà l'affermazione di Bob Dylan.

IL TALENTO DI MR. DAVIS - "Noi almeno ci proviamo, tu non vuoi fare nulla né arrivare da nessuna parte". La bella Jean, interpretata da una Carey Mulligan versione mora, non le manda a dire a Llewyn, che prova a risponderle: "Il mondo si divide in due tipi di persone: chi divide il mondo in due tipi di persone e..." "E i perdenti", lo interrompe lei. Llewyn è un integralista. Lo ripete più volte: "Sono un professionista, suonare e cantare è il mio lavoro". Continua a ripeterlo ma in realtà a parte qualche esibizione nei locali del Greenwich Village non riesce a ottenere. Di soldi nemmeno l'ombra, è costretto giorno per giorno a elemosinare un posto per dormire sul divano di qualcuno.

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Talento e compromesso: un binomio che è stato affrontato spesso nel cinema. Tra i risultati più importanti di questa "indagine" si possono certamente annoverare Pallottole su Broadway di Woody Allen e Barton Fink degli stessi Coen. Sia il John Cusack commediografo di Allen e il John Turturro sceneggiatore dei Coen sono restii al compromesso. "La mia commedia non è mai stata rappresentata in un teatro, segno che è un capolavoro", si diceva in Pallottole su Broadway. Ma la realtà è che entrambi, con modalità diverse, scendono a compromessi per il successo. Cusack si fa riscrivere la commedia da un mafioso che ha quel talento naturale che lui, pur avendo sempre studiato, non avrà mai. Barton accetta le lusinghe di Hollywood e si affida a un'assistente che in realtà è una ghost writer di sceneggiature. Il bravissimo Oscar Isaac no, lui al compromesso non ci vuole proprio scendere. Nemmeno quando Mr. Grossman, produttore di Chicago, gli prospetta la possibilità di provare a cantare in un trio. Si trascina, con mezzi di fortuna, per l'America di Kennedy senza però davvero crederci fino in fondo. Ma comunque non si rassegna a semplicemente "esistere" perché per lui "è come la morte". "Questo è tutto quello che ho", sputa fuori a denti stretti dopo l'ultima canzone, sapendo che forse non è abbastanza. Non necessariamente è colpa sua. E' colpa del tempo, colpa del caso o del destino, chi lo sa. Ma non è abbastanza.

"NON VEDO MOLTI SOLDI QUI" - "Ogni cosa che tocchi diventa merda", dice a un certo punto Jean a Llewyn. La chitarra con lui canta, ma chi gli è vicino non è che faccia proprio i salti di gioia. Quando va a Chicago per provare a trovare lavoro da Mr. Grossman c'è forse la scena più bella del film. Seduto su una sedia in penombra di fronte al produttore nel locale vuoto e con le sedie ancora appoggiate sui tavoli gli suona "The Death of Queen Jane". E' una scena di grande intensità: Llewyn mette tutto se stesso lì dentro, tutto quello che non riesce a mettere nella vita di tutti i giorni e nei rapporti con le persone che gli stanno vicino. E' quasi un momento di seduzione: Llewyn cerca con tutte le sue forze di conquistare Mr. Grossman. Ma alla fine, quando sembra arrivare al limite della commozione, si sente rispondere: "Non vedo molti soldi qui". Se l'Emmett Ray di Accordi e disaccordi, ancora una volta di Woody Allen, soffriva perché si sentiva un eterno numero due, qui siamo di fronte a un numero zero. Nessuno sembra riconoscere il suo talento. Il suo stesso padre, al quale canta un'altra delle sue canzoni, rende letterale l'accusa di Jean: "Ogni cosa che tocchi diventa merda". Il jazzista interpretato da John Goodman lo prende in giro: "Un cantante folk con un gatto? Sei una checca?". Llewyn è un Sixto Rodriguez (la cui storia è raccontata nel bellissimo documentario Sugar Man) senza Sudafrica. Non c'è un altrove per lui. Esiste solo quel momento, quel luogo, per quanto sfortunati essi siano. Anzi, esiste solo quella settimana, come nei migliori esempi tipicamente coeniani di tempo circolare. Alla fine di quella settimana inizia a intravedersi la luce di Bob Dylan. Ma la forza motrice di quella luce resta all'oscuro perché Llewyn, lui no, quelle ali che vorrebbe tanto avere, non ce le ha.