Culture

Jovanotti saluta Pesaro tra mimose e danze sfrenate. Ora direzione Milano!

Sold out e un’energia impareggiabile nelle quattro date alla Vitrifrigo Arena. PalaJova 2025 prosegue a Milano, Firenze, Torino e Roma

di Chiara Giacobelli

All’ultima data in calendario presso la Vitrifrigo Arena di Pesaro sono arrivati fan dalla Sicilia, dalla Sardegna, da Bari, dall’Abruzzo e persino da Roma, sebbene nella capitale siano previste più tappe del PalaJova 2025 a maggio. Eppure c’è chi gira l’Italia intera per assistere a tutti i concerti, perché – spiegano – “ognuno è diverso dall’altro. È stato un peccato che a Pesaro abbiamo trovato posto solo per una serata”.

In effetti hanno ragione, perché chi ha letto la scaletta dei giornalisti stilata nella data zero, lo scorso 4 marzo, sarà rimasto forse un poco spiazzato quando sabato sera sul palco Jovanotti ha sì più o meno mantenuto le stesse canzoni, ma cambiandone l’ordine e aggiungendone di nuove, o eliminandone altre. E poi ci sono gli intermezzi parlati che, a loro modo, fanno la differenza: il saluto a Pesaro dopo gli spettacoli del 4, 5, 7 e 8 marzo è coinciso proprio con la Giornata Internazionale della Donna: un aspetto non secondario che ha determinato momenti chiave, come il lancio della mimosa dal palco, le dediche a tutte le donne, exploit di romanticismo con una punta di intimità quando Jovanotti ha voluto rendere protagonista la moglie Francesca in occasione della celebre A te.


 

PalaJova 2025 è in arrivo ad Assago l’11 marzo e poi a seguire Firenze il 26 e 31 marzo e l’1 aprile, Torino 15 e 16 aprile, Roma il primo maggio, di nuovo Milano il 5-6-8-9-12-13 maggio, 21 e 22 a Verona, infine Roma 24, 25 e 27 maggio. In realtà le date non sono solo queste, in calendario se ne contano molte di più, ma qui abbiamo segnalato solo quelle non ancora sold out, per cui chi è interessato può reperire i biglietti su TicketOne (37 le date sold out sulle 50 totali).

Lo show merita dall’inizio alla fine, perché Lorenzo Cherubini – non si sa bene per quale magia o stregoneria – mantiene intatta l’energia che solo lui è in grado di sprigionare, il ritmo, l’innovazione, la leggerezza, la speranza e quell’amore per la vita che lo ha sempre caratterizzato, sin dagli esordi. Sul palco quattordici solisti, immersi in un’ambientazione floreale con un grande schermo alle spalle ed effetti generati dall’AI: un tour stratosferico dopo ben 7 anni dall’ultimo nei palazzetti, prodotto come da consuetudine da Trident Music di Maurizio Salvadori. “La gioia, il dolore, l’entusiasmo, la fatica, la determinazione, il sudore, la speranza, gli interventi, la ripresa, la fisioterapia, le risate, la disperazione, la voglia: tutto sul palco per questo debutto che ha il forte sapore di una ripartenza di tutto, di un tornare a fiorire”.


 

D’altra parte, lui stesso racconta che, facendo una ricerca su ChatGpt a proposito delle cinque parole più usate nelle sue canzoni, ai primi posti ci sono proprio amore e vita, seguite da mondo, libertà e sole. “Chi dice che scrivo i miei testi con il vocabolario della quinta elementare ha ragione” scherza Jovanotti, che ormai – dopo così tanti anni di carriera e di trasformismo, pur rimanendo sempre fedele a sé stesso – è riuscito a conquistare anche i critici più scettici.
Se dopo la serata del 4 è diventato virale il video di Valentino Rossi, Cesare Cremonini, Lucio Corsi e altri vip che ballavano insieme Sono un ragazzo fortunato – pezzo con cui chiude sempre in grande stile lo show –, sabato tra i presenti c’era invece Luca Carboni, a cui Lorenzo ha dedicato un pensiero affettuoso: “È uno dei miei più grandi amici ed è grazie a lui se negli anni Novanta suonai per la prima volta su un palco. Il 2024 è stato un anno difficile per entrambi: di guarigione, di fatica e di ripresa. Ti voglio bene, Luca”.

In scaletta, lo diciamo anche se poi il pubblico potrà trovare qualche modica nel corso dei prossimi concerti, molti successi ormai decennali come L’ombelico del mondo, Mi fido di te, Serenata rap, Ragazzo fortunato, Il più grande spettacolo dopo il Big Bang, Un raggio di sole; e poi brani più recenti come Il corpo umano o Un mondo a parte, già diventata una hit cantata da tutti tra selfie, baci, sguardi innamorati e qualche lacrima di commozione.
Se il concerto esplode subito a gran ritmo sferzando energia, colori, luci, gente che balla e canta a squarciagola, si rallenta poi per qualche canzone più melodica, per lasciare la grande festa all’ultima parte, quando il complesso sistema di illuminazione si sposta verso il pubblico come astronavi dalla forma di fiori e illumina l’intero palazzetto: sembra proprio di ritrovarsi in una discoteca degli anni Novanta.

D’altra parte Jovanotti è anche questo, soprattutto questo: nostalgia degli anni Novanta, quando buona parte del pubblico presente era giovane ed è quindi cresciuto con le sue canzoni. Ma non si esaurisce qui, perché -  grazie anche al tam tam dei social – c’è un’ampia fetta di giovani che lo segue e si emoziona ascoltando le sue parole. Stupisce, quindi, vedere così tanti ragazzi con la bandana dalla scritta Jova in testa. Trasversale, carismatico, senza tempo: è questo Lorenzo Jovanotti, forse anche perché tratta temi che – sebbene semplici, a detta dei critici – sono pur sempre le basi dell’esistenza, ciò che dà senso alla vita e senza cui non potremmo vivere.
E poi trasmette positività, sempre, comunque: dalla famosa Io penso positivo accompagnata da tre coriste sensazionali sino al ritmo tribale di Ricordati di vivere, suonata dalla sua band in fila sul palco con un focus particolare sulle percussioni.
“Ho portato con me questo tappeto da casa, perché nella storia dell’umanità il tappeto ha un significato profondo, ancestrale, anche esoterico. Le tribù nomadi della Persia si spostavano costantemente, ma quando arrivavano in un luogo stendevano un tappeto e quella diventava immediatamente la loro casa”.


 

Insomma, una festa, un ritorno al passato e al contempo uno sguardo al futuro, tanta musica allegra e vivace, lui come sempre dà tutto sé stesso sul palco (tanto che poi posta un video a fine serata mentre, uscito dalla doccia, si prepara a sottoporsi al messaggio dei suoi fisioterapisti, "altrimenti domani non ci alziamo”).

L’età e l’incidente non l’hanno toccato minimamente, verrebbe da pensare vedendolo così in forma per più di due ore; ma sappiamo che non è così, che le difficoltà hanno segnato anche lui, e non sono state poche. Forse, allora, non è ciò che capita nella vita e che non possiamo controllare a fare la differenza, ma è il modo in cui ci approcciamo ad esse, così come ad ogni singola giornata; o ciò che scegliamo di vedere quando guardiamo qualcosa.

In fondo, lo dice lui stesso salutando il pubblico di Pesaro: “Questo stasera non è solo un palazzetto. È un cielo stellato e noi siamo ovunque allo stesso tempo: siamo nel giardino de Le mille e una notte e nel roseto de Il Piccolo Principe, tra i fiori giganti al centro della terra di Jules Verne e tra i deserti della Persia antica; siamo corpi, piante, fiori, gemme, germogli, siamo infiniti. Siamo essere umani”. È proprio questo il miracolo che Jovanotti non ha mai smesso di cantare.

(I crediti fotografici sono di Michele Maikid Lugaresi)