Culture

La dimensione temporale di Lodola e Fra in mostra alla Reggia di Caserta

Eduardo Cagnazzi

"Tempus time", il percorso espositivo dei due artisti pavesi nel viale e nelle stanze dell'edificio vanvitelliano. Entrambi provengono dall'Accademia di Brera.

Un trait d’union tra passato e contemporaneo. E’ il riferimento alla dimensione temporale legata al classico ed al presente la mostra di Marco Lodola, tra i fondatori del gruppo Nuovo Futurismo, e Giovanna Fra, entrambi pavesi, dal titolo “Tempus- Time”, in esposizione presso la Reggia di Caserta dal 14 giugno al 15 settembre. L’esposizione, a cura di Luca Beatrice, è organizzata da Mary Farina, anche ideatrice del progetto, e da Augusto Ozzella, con la collaborazione della galleria Deodato Arte, e gode del patrocinio del Comune di Caserta, del Museo napoletano Madre Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e di Confindustria Caserta. La mostra rappresenta un tassello di un mosaico, sottolinea Mauro Felicori, direttore del complesso vanvitelliano, che “si inserisce nell’importante storia del rapporto della Reggia con l’arte contemporanea e con la variegata polifonia dei suoi linguaggi; un dialogo lungo e intenso che si rinnova costantemente nel corso degli anni nel confronto continuo e forte, sentito tra epoche e stili, che rende sempre attiva e feconda la vita di uno spazio museale così significativo”.

Il percorso espositivo si compone di una selezione di opere dei due artisti, che dall’ingresso si snoda negli spazi interni, nel parco reale con venti monumentali sculture luminose di Lodola, fino ad arrivare agli appartamenti del piano nobile con le opere su tela di Fra. Uomini e donne, ballerini, danzatrici, animali, figure reali e immaginarie, che metaforicamente partecipano a una festa di corte, le sculture; caratterizzate da un forte cromatismo che incarna quell’arte contemporanea in cui la contaminazione di tecniche e la sperimentazione sono elementi imprescindibili le opere su tela di Fra. L’artista si misura con lo spazio interno e l’architettura vanvitelliana, reinterpretando nelle sue tele i motivi decorativi settecenteschi, arazzi, carte da parati, arredi Barocchi e Neoclassici, attraverso il linguaggio dei segni.

Seppure provenienti da formazioni diverse i lavori di Lodola e Fra creano un profondo dialogo completandosi vicendevolmente, ma soprattutto instaurano un forte legame con il luogo che li ospita, come afferma Luca Beatrice nel testo dedicato alla mostra: “Dialogare con stucchi, decorazioni, pitture di genere e, soprattutto, con un’architettura di inestimabile pregio può costituire infatti una sfida ardua eppure affascinante per gli artisti contemporanei, a partire dall’utilizzo di materiali anomali che solo da poco sono entrati nel novero appunto dell’artisticità. Senza contare volumi, cubature e l’immensità di un parco che farebbe spaventare chiunque. Realizzare un cortocircuito visivo tra il tempus e il time, ovvero il passato e il presente, è rischio che l’arte di oggi sente di correre con sempre maggior frequenza. Ora, in particolare, tra pittura, elaborazione digitale, plastica e luce”. Due artisti, entrambi provenienti dall’Accademia di Brera, con lo stesso massimo comune divisore e, pertanto, sottolinea Mary Farina, “unici nel far sentire la loro forza di fare ed essere luce, capaci di rompere silenzi ed essere voci”.

La mostra, accompagnata da un catalogo edito da Skira, con un vasto repertorio di immagini, è arricchita da numerosi interventi fra cui quelli di Renzo Arbore, Aldo Busi, Lorenzo “Jovanotti”, Piero Chiambretti, Roberto D’Agostino, Salvatore Esposito, Ciro Ferrara, Antonio Stash Fiordispino, Enzo Iacchetti, Max Pezzali, Andrea Pezzi, Red Ronnie e di critici illustri quali Achille Bonito Oliva, Philippe Daverio, Gillo Dorfles, Martina Corgnati, Vittorio Sgarbi.