Culture

Mulan, da favola Disney sulla Cina allo scontro geopolitico e i boicottaggi

di Sara Perinetto

Accuse di antifemminismo, favoreggiamento di genocidio, tradimento della storia originale: il remake Disney è diventato un caso internazionale

Mulan, il remake Disney del film di animazione datato 1998, ha iniziato a suscitare polemiche già dalle fasi di produzione, ma ora che è disponibile alla visione per il pubblico le critiche stanno piovendo con sempre più insistenza.

Critiche di varia natura, legate alle scelte narrative, di messa in scena ma soprattutto ai diritti umani e civili. Se infatti le discordanze con la prima versione animata possono essere opinabili, le accuse di pinkwashing e complicità in genocidio si accompagnano a una concreta campagna internazionale di boicottaggio.

Giusto per chiarire: la vicenda si ispira a un’antica leggenda popolare cinese che racconta le imprese di una giovane ragazza, Mulan, che abita in un piccolo villaggio e, per evitare la chiamata alle armi durante la guerra al padre anziano e privo di figli maschi, decide di fingersi un uomo e recarsi al fronte per difendere l’impero. Spoiler: l’impresa riesce, smascherando, per di più, l’oppressione di una società patriarcale e maschilista e dimostrando che le donne hanno uguali valore e capacità rispetto agli uomini.

Una vicenda attuale, soprattutto perché legata a una cultura, quella cinese, poco conosciuta in Occidente ma appartenente a una nazione sempre più influente negli equilibri geopolitici, e non solo.

E proprio per questo si tratta di un’occasione sprecata, secondo alcune critiche, che rimproverano ai personaggi in generale di essere privi di un vero scavo psicologico, e a quello di Mulan in particolare di aver tradito lo spirito della “ragazza comune” in grado di rappresentare l’intero genere femminile, per diventare una sorta di super-eroina, ragazza speciale e prescelta, che riesce a farsi accettare dal rigido schema patriarcale in cui vive, quindi senza distruggerlo, proprio in virtù delle sue doti eccezionali.

Per questo in molti hanno parlato di pinkwashing, ovvero di uso di tematiche femministe a puro fine commerciale: vendo il film come manifesto dell’emancipazione femminile ma poi mostro un esempio di omologazione al modello tradizionale, tanto caro alla retorica Disney. Fatto sorprendente se si pensa che la regista del film è Niki Caro, generalmente stimata per i ritratti femminili non convenzionali che dipinge nei suoi film, come i pluripremiati Memorie e desideri e La ragazza delle balene.

MulanMulan, un fotogramma del film
 

Mulan, la questione Hong Kong e gli Uiguri

Ben più gravi, però, sono le accuse che coinvolgono il governo cinese e la sua gestione della questione diritti umani. Notizia vecchia sono le dichiarazioni di Liu Yifei, l’attrice protagonista, che nel dicembre 2019 aveva twittato in favore della polizia cinese, in quel momento impegnata nella repressione delle manifestazioni anticinesi a Hong Kong. Ed è proprio uno dei leader di queste proteste, tutt’ora in corso, Joshua Wong, a invitare al boicottaggio del film perché vederlo significherebbe “essere complici dei crimini contro gli uiguri”.

L’etnia uigura è una delle cinquantasei ufficialmente riconosciute dal governo cinese all’interno del proprio territorio. Nel mondo vivono più di undici milioni di uiguri. Oltre dieci milioni di loro si trovano in Cina, circa otto milioni nella regione autonoma dello Xinjiang. Gli uiguri, per la maggior parte di provenienza turca e religione musulmana, costituiscono quasi la metà della popolazione dello Xinjiang, mentre il resto sono kazaki e cinesi di etnia han.

Nella regione c’è un’importante produzione di frutta e verdura, il sottosuolo è ricco di minerali, gas e petrolio, ed è presente anche una zona di estrazione e lavorazione della giada. Insomma, lo Xinjiang è una regione strategica per la Repubblica Popolare Cinese per le sue ricchezze ma anche perché, con i suoi 1,6 milioni di chilometri quadrati di estensione, confina con ben 8 stati: Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan e India.

Ecco perché il governo centrale incentiva l’aumento della popolazione cinese han nella provincia e la riduzione di quella uigura. Il problema è che viene da più parti accusato di farlo tramite il controllo sistematico della natalità, sfociato nella creazione di campi di internamento in cui gli uiguri subiscono trattamenti forzati, come sterilizzazioni e aborti, tanto che qualcuno ha iniziato a parlare di “genocidio demografico”. Le autorità cinesi negano l’esistenza di questi campi e l'uso di queste pratiche, ma in molti sostengono che le prove di questi crimini siano note già dal 2013, come per esempio l’esperto di politica cinese Adrian Zenz, che parla di “almeno un milione di uiguri detenuti in questi campi di rieducazione”.

Mulan proteste hong kongManifestanti pro Hong Kong protestano contro il film Mulan
 

Il fatto che Mulan sia stato girato in larga parte nella provincia dello Xinjiang ha quindi creato non pochi malumori, ma il fatto che nei titoli di coda la Disney ringrazi ufficialmente certe agenzie governative, tra cui quella di pubblica sicurezza, accusate di essere direttamente coinvolte nei crimini etnici anti-uiguri, ha scatenato un’ondata di proteste e boicottaggi da parte di attivisti anticinesi e intellettuali in ogni parte del mondo.

Insomma, al momento il film non è ancora uscito nelle sale ed è disponibile solo in pay per view sulla piattaforma Disney+, ma le polemiche e gli attacchi che sta ricevendo sono tali che il rischio di flop quando arriverà al cinema è già molto alto.